"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 8, luglio 2004                                          


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

L'Elogio degli uccelli di Giacomo Leopardi 

 


 

 

10. William Shakespeare

 

 

                                

 

 


 

“Paradosso Papageno”

Anche in Romeo e Giulietta gli uccelli volteggiano tra le palpitazioni degli uomini (Act.III, scene ii)

Dopo un monologo ricco di buio e di sapore notturno, felpato come i movimenti nell’oscurità, Giulietta benedice la notte che svolerà dal cielo con ali spiegate e le condurrà  l’unica meteora che le rischiara i passi. Le palpebre si chiuderanno e l’abbandono sarà audace e puro più bianco di fresca neve sopra un corvo.  

 

Durante l’età vittoriana, questa invocazione di Giulietta subì sforbiciate puritane e nelle famiglie-bene dell’epoca il padre soleva leggere l’edizione Family Shakespeare (1818) di Bowdler e di sua sorella Harriet. Delle trentuno righe di questo monologo,  i Bowdler ne  falciarono quindici!!! ...E cominciata lì la modernità, la quale accetta qualsiasi soggetto, purché sia generalizzato… soggettività di gruppo, non più soggettività unica, la bella soggettività sentimentale del soggetto isolato? (G. Bataille, L’oeil pinéal  II in Frammenti di un discorso amoroso di R. Barthes).

Sguarnito di effetti speciali, Shakespeare ascolta con sapienza i sacri oracoli  della terra e dello spazio e, da bravo umanista come Mercuzio, i battiti di ogni cuore e di ogni ala. Così nell’atto III, scena v,  i due innamorati sono un vocalizzo solo,  una sola carne e  non smettono di strattonare il manto scuro che li rifugia. Quando il canto di uno tace è perché rincorre l’altro. 

Chissà se John Donne per la sua sgridata al sole  in The Sun rising aveva letto questo incantevole duetto tragico macchiato di corvine premonizioni. Sta di fatto che in una sola pagina l’usignolo echeggia tre volte e l’allodola corteggia l’alba ben cinque. Giulietta, nella sua impavida impazienza d’amore, coglie persino dissonanze e aspri acuti’  nel canto dell’allodola tanto da credere che abbia scambiato gli occhi con il rospo ripugnante così come ha fatto per la voce…. La pena di separazione prostra talmente l’armonia del canto dell’uccello mattutino da trasformarlo in gracidio paludoso. 

 

Forse i poeti erano più poeti perché gli uccelli erano più uccelli e il cosmo scandiva la vita con i suoi acuti e falsetti, toni cupi e toni allegri, melodie e virtuosismi?  Un mondo di Techné  ci avrebbe dato Romeo e Giulietta, acerba tragedia, per quattro atti e mezzo commedia, come scrisse Tomasi di Lampedusa, pur sempre comunque incantevole vicenda de l’amour?

 

 

Trovi il brano dell'allodola scambiata col rospo (Atto III, scena quinta) in Tradire&tradurre


 

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