“Paradosso
Papageno”
Anche
in Romeo e Giulietta
gli uccelli volteggiano tra le palpitazioni degli uomini (Act.III,
scene ii).
Dopo
un monologo ricco di buio e di sapore notturno, felpato come i
movimenti nell’oscurità, Giulietta benedice la notte che
svolerà dal cielo con ali
spiegate e le condurrà l’unica
“meteora”
che le rischiara i passi. Le palpebre si chiuderanno e
l’abbandono sarà audace e puro “più
bianco di fresca neve sopra un corvo”.
Durante
l’età vittoriana, questa invocazione
di Giulietta subì sforbiciate puritane e nelle famiglie-bene
dell’epoca il padre soleva leggere l’edizione Family
Shakespeare (1818) di Bowdler
e di sua sorella Harriet. Delle trentuno
righe di questo monologo,
i Bowdler ne
falciarono quindici!!! ...E’
cominciata lì “la
modernità, la quale accetta qualsiasi soggetto, purché sia
generalizzato… soggettività di gruppo, non più soggettività
unica, la bella soggettività sentimentale del soggetto
isolato?”
(G. Bataille, L’oeil
pinéal
II in Frammenti di un
discorso amoroso di R. Barthes).
Sguarnito
di effetti speciali, Shakespeare
ascolta con sapienza i sacri oracoli
della terra e dello spazio e, da bravo umanista come Mercuzio,
i battiti di ogni cuore e di ogni ala.
Così nell’atto III, scena v, i
due innamorati sono un vocalizzo solo,
una sola carne e non
smettono di strattonare il manto scuro che li
rifugia. Quando il canto di uno
tace è perché rincorre l’altro.
Chissà
se John
Donne per
la sua sgridata al sole in
The Sun
rising aveva
letto questo incantevole duetto tragico
macchiato di corvine premonizioni. Sta di fatto che in una sola
pagina l’usignolo echeggia tre volte e l’allodola
corteggia l’alba ben cinque. Giulietta, nella sua impavida
impazienza d’amore, coglie persino “dissonanze
e aspri acuti’
nel canto dell’allodola tanto da credere che “abbia
scambiato gli occhi con il rospo ripugnante così come ha fatto per
la voce…”.
La pena di separazione prostra talmente l’armonia del canto
dell’uccello mattutino da trasformarlo in gracidio paludoso.
Forse
i poeti erano più poeti perché gli uccelli erano più uccelli e il
cosmo scandiva la vita con i suoi acuti e falsetti, toni cupi e toni
allegri, melodie e virtuosismi? Un
mondo di Techné ci
avrebbe dato Romeo e Giulietta, acerba tragedia, per quattro atti e
mezzo commedia, come scrisse Tomasi di
Lampedusa, pur sempre comunque incantevole vicenda de
l’amour?
Trovi
il brano dell'allodola scambiata col rospo (Atto III, scena quinta)
in Tradire&tradurre