"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 6 dicembre 2003
John Donne: otto poesie d'amore tradotte da Cristina Campo e Patrizia Valduga |
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2. Il buongiorno Il Buongiorno delle “Waking souls” Ogni cosa che accade è una matrjoska paradossale: racchiude e dischiude figure sempre più grandi, e più vere: inabissarsi nel Microcosmo è la sola strada per l'Infinito? Donne qui parla come un agostiniano dell'amor sensuale. Il grande celato nel piccolo è celato appena dalla trasparenza appena velata dell'apparenza: gli occhi del risveglio vedono bene oltre le essenze vorticanti lì tenute, eppure più grandi del loro guscio: nel piccolo, sempre, la cifra secretata del grande: Baudelaire troverà la formula definitiva: in tutte le cose, "simboli dagli occhi familiari"... Gli amanti al risveglio, "In quella definitiva camera da letto" (Campo) si risvegliano all'amore, e solo per questo nell'euforia di esistere: sono waking souls, ché senza amore - ma lo si sa solo dopo, non si è che sleepers: Nel risveglio, l'Io muore, si scioglie, come una nota nel contrappunto perfetto delle altre, nel cerchio di perfezione anonima dell'amore. La sfera dell'anima amante - "anch'essa un ognidove" (Campo) - è più perfetta della Terra stessa, perché senza il gelo del Nord, perché senza tramonto: luce d'amore da ogni lato. "Good morrow!" - Ecco, al mattino, il mattino di sé come amanti, nel risveglio tra lenzuola complici, il risveglio a se stessi, il fluire dell'essenza sottesa, l'eureka platonico dell'anima che si scopre mezza nel momento stesso in cui si ricompone in euforia a uno con la metà mancante, gioia dell'orfana che ritrova origine e pace. - Donne canta il risveglio, euforia mistica per un aleph prima appena malamente sospettabile e ora ritrovato e immortale. Siamo a un niente dal punto in cui la gioia perde tutte le parole e la retorica esplode in pura luce bianca: come un altro platonico grande, il Bembo del Libro del Cortigiano, ma più carnale e persuasivo: qui si sentono le lenzuola, il diapason risonante della donna che innerva ogni parola della sua presenza, si sente che chi canta è la voce di due che si specchiano, nel "rango iniziatico che isola, innalza, incorona" (Campo)... Qui tutto l'universo degli oceani e della avventure è richiamato giusto per riconoscerlo più piccolo infinitamente al microcosmo del letto amato (e quell'Uno rivelato concesso da Eros, a sua volta, presserà per dischiudersi, per spalancare il fiore ulteriore dell'Unità Divina: una strada, quella di Donne, che va da Petrarca a Dante, da una Laura adorata alla Rosa Mistica: il che, in fondo, è proprio il percorso di Dante?...) tutto ciò che Petrarca, platonico dell'esilio, non ha avuto o non ha cantato. Petrarca, ramingo, come gl'indovini di Dante, dalla testa all'indietro; Orfeo perennemente sul punto in cui Euridice sfugge alla presa, sul punto in cui il tempo perduto cessa di essere ritrovato, sapeva la morte dell'amore felice. Qui, invece, alla Morte, alla Morte dunque sconfitta, come se tutta la poesia fosse stato l'arabesco d'un fioretto nell'aria, come una spirale a chiudersi, va l'ultima stoccata: none can die. Più franti e ardui metro e sintassi della Campo (quasi tutti enjambents), più alto il lessico; più cantabile e costante, forse più sensuale, il tempo della Valduga. Della Campo, come per ogni altra sua traduzione, impagabile il commento. |
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