”Nutre
la mente solo ciò che la rallegra”
(AGOSTINO,
Confessioni, XIII)
Cip
cip!
(Anonimi)
“Godi”,
punto.
L’imperativo
non lo leggi in un testo occasionale o almeno poco noto: è il
finale del Sabato del villaggio.
- C’è un
qualche punto tra le diecimila pagine di Leopardi che smentisca questo?
- La faccenda non è metafisica ma pratica, e Leopardi ci teneva
ad essere riconosciuto proprio come un “filosofo pratico”:
e cioè un uomo che applica il proprio genio per dare a
sé stesso e al mondo più bellezza e piacere possibili.
Ovvero:
fosse questo anche il peggiore dei mondi, la felicità è un dovere, il solo vero che
abbiamo.
Auden lo scriverà proprio così.
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Leggendo
l’Elogio
degli uccelli, può allora venire in mente un’idea di
Kafka che leggi per esempio negli aforismi di Zürau: che in
realtà dal paradiso non siamo stati mai scacciati, e che la
condanna sia stata renderci ciechi all’Eden
che ci circonda sempre.
Allora,
spiando gli uccelli, si ricerca il filo d’oro perduto,
la strada della felicità possibile, che è fatta di movimento e
di canto, di libertà e di salute.
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