Come
Poe Conrad perde la madre, uccisa dalla tubercolosi. Ha sette anni.
Il padre morirà dello stesso male: il piccolo Joseph gli fa da infermiere,
come Edgar fece con la bella madre attrice. Come Poe, rimasto solo,
viene affidato a parenti, ed in pratica é lo zio materno a riversare
sul nipote, solo e triste, premure ruvide. Sempre come Poe, Conrad,
in collegio, è insofferente alla disciplina. Vedi il “William
Wilson”, dove, come poi in Conrad, si precipita nella vertigine
del doppio.
Come
ci precipitò Stevenson. Leggendo Conrad, Stevenson sbuca da ogni parte,
con le sue fughe per mari liberatori alla ricerca della salute del
corpo e dell’anima. Stevenson che scappa dal calvinismo materno e
familiare, e che troverà nella moglie americana e nelle terre lontane
un sollievo almeno corporale. – In “Jekyll e Hyde”, Stevenson
trova una sua eco essenziale all’intuizione del “Frankenstein”
di Mary Shelley, ma fa coesistere in modo fin troppo schizofrenico
e tragicamente poco sfumato le due personalità. Conrad invece
forgia e sfuma - disarmata onestà - labirinti già profondi dell’anima.
“The
secret sharer”
ha già nel titolo un odore di connivenza, intraducibile in italiano
e quindi mal tradotto. Conrad divide finalmente i due gemelli siamesi
che ancora in Stevenson restano avvinghiati in un destino inseparabile.
Qui leggiamo di due uomini dai tratti sovrapponibili eppure unici.
Tra i due, tra omissioni e forse reticenze, solo parole essenziali.
Nella laconicità e nel silenzio ha un suo spazio crescente anche la
follia: vedi, per amore del suo ospite, l’accettazione da parte del
capitano di un rischio imperdonabile. Alla fine ci resta un perfetto
esempio di amicizia clandestina e di condivisione onesta, sobria ed
affascinante, ripulita dal pregiudizio e dal giudizio.