AMLETO -
Il resto è
silenzio. (Muore)
(Atto V, sc.
2)
FORTEBRACCIO
- Questo spettacolo di morte si addice a un campo di battaglia, ma
disdice a una corte. Ordinate le salve . (Escono in marcia portando
i corpi e subito i cannoni sparano a salve.)
Il resto di che? Come per la
signora Berlusconi, il resto di niente? – questo Amleto di
meno lascia cosa lasciando il silenzio? Quel niente da dire che sta al
centro – come il buco della ciambella – del Tractatus di
Wittgenstein? Questo resto
è frutto di quale sottrazione? Cosa c’era prima che adesso non c’è?
Amleto muore, certo; ma per la Storia Fortebraccia, è un cadavero
puntino: un nulla lontano: in fondo al tele-giornale: è l’Icaro
di Bruegel reinventato da Auden nel Musée
des bueax-Arts.
«Infine, non è facile dire cosa
significa «il resto è silenzio». Che cosa è il resto, la vita che gli
sarebbe rimasta da vivere, oppure la morte? O il mistero di Amleto che
resta inspiegabile? Amleto come ogni tragedia di Shakespeare,
notava Eliot, è immerso
alla fine «nell’inscrutabile, nel buio cimmerio». Il sigillo della
tragedia («The rest is silence») è più che una lapidaria ultima parola
eroica. Implica che alla domanda di Amleto e a quelle dell’Amleto
non è stata data risposta. Anche che tutto è stato un continuo
eludere le domande, c on una conclusione nel silenzio nel suo
significato forte e sacrale, quello che ricorda Rudolph Otto
nel suo studio sul Sacro, e che Auden richiama alla fine del
suo Il mare e lo specchio (The Sea and the Mirror):