«Il suo chiasso non ha significato: chiasso storico e basta»
(a proposito di
Contini: C. Bene, Lorenzaccio, in Opere, Milano 2002)
«Il lavoro si
concluderà su una sospensione, con un rumore violento che si ferma
all’improvviso, che blocca ogni cosa, mentre cala il sipario.»
(A. Artaud,
Il teatro e il suo doppio)
«Qui entra con
la sua gente Fortebraccio in un fragore assordante di tamburi: è
completamente in armatura, elmo compreso, la celata abbassata, carico
d’armi come un asino, mazza ferrata, ascia, spadone, alabarde
interminabili, come i suoi soldati del resto, talmente tutti armati da
causare danni ovunque o da non essere addirittura contenuti in scena.
La luce si spegne a tratti in pochi secondi con le parole di
Fortebraccio, d’altra parte inintelligibili, perché le grida
nell’elmo, rovesciando con una picca involontariamente un copione
disposto su un leggio vicino. Qui buio completo. Tuoni e cannone.
Fortebraccio continua a mugolare – luce in sala a fine dello
spettacolo – “Perché, s’egli avesse regnato, eventualmente posto alla
prova, sarebbe stato grande re…”.»
(C. Bene, Opere, Milano
2002)
«…da applaudire
l’arrivo di Fortebraccio immerso in una scricchiolante armatura da
spettro e il suo afflosciarsi sul trono conquistato, come un
burattino. Dopodiché, tutti exeunt.»
(E. Flaiano,
Amleto
di Carmelo Bene,
6 aprile 1967, in
Lo spettatore
addormentato)