«Il solo modo di esprimere emozioni in forma d’arte è di scoprire un
“correlativo oggettivo”; in altri termini una serie di oggetti, una
situazione, una catena di eventi che saranno la formula di quella
emozione particolare (…). Amleto (uomo) è dominato da
un’emozione che è inesprimibile perché in eccesso ai fatti
quali appaiono. E la supposta identità di Amleto col suo autore è vera
fino a questo punto: che lo scacco di Amleto per l’assenza
dell’equivalente oggettivo dei suoi sentimenti è un prolungamento
dello scacco del suo creatore in presenza del problema artistico.
Amleto è alle prese con questa difficoltà: il suo disgusto è procurato
da sua madre, ma sua madre non è un adeguato equivalente; il suo
disgusto l’avvolge e la eccede. E’ così un sentimento ch’egli non può
capire; non lo può oggettivare, e resta perciò ad avvelenare la vita e
a ostacolare l’azione. Nessuna delle possibili azioni viene a
soddisfarlo; e nulla di quanto possa fare Shakespeare con l’intreccio
riesce a esprimere Amleto per lui.»
(T. S. Eliot, Amleto e i suoi
problemi, in Il bosco sacro)
«Se
Shakespeare non avesse adombrato, per l’appunto, il fallimento
dell’uomo moderno, in un’opera che è essa stessa un fallimento, ci
sentiremmo di sospettarlo di ipocrisia. La grandezza – se non la
bellezza poetica – di Hamlet consiste anche in questo
coincidere del fallimento che adombra e del fallimento che registra.»
(G. Baldini, Manualetto
shakespeariano, Torino 1967)
«Lo
Hamlet di Shakespeare, in quanto è di Shakespeare, è un dramma
che tratta dell’effetto della colpa di una madre sopra il figlio, e
Shakespeare fu incapace di imporre con successo questo motivo all’
“intrattabile” materia del vecchio dramma.
Dell’intrattabilità non ci può
essere alcun dubbio. Lungi dall’essere il capolavoro di Shakespeare,
il dramma è sicuramente un insuccesso artistico.»
(T. S. Eliot, Amleto e i suoi
problemi, in Il bosco sacro)
«[Eliot]
Non si rendeva conto che il «correlativo oggettivo» non poteva
misurare un’opera a vertiginoso sfasamento cronotopico, a implosione
immaginaria del cosmo simbolico, ad altissimo tasso di figuralità
metalogica, con incrocio e decostruzione di linguaggi e di stili, in
un interseco non oggettivabile di registri e di voci. Il collasso del
centro non poteva trovare un correlativo oggettivo identificabile in
un disegno, in un’immagine netta, in quanto si ostendeva come
sfasamento, immagine “mossa” al pari della fotografia di una
traiettoria estremamente dinamica.»
(A. Serpieri, Polifonia
shakespeariana, Roma 2002)
Oltre
a Baldini e Serpieri, sulla faccenda della impossibilità di
motivazione (condivisa da Auden, Lezioni su Shakespeare,
Milano 2006), useremo come replica quanto scrive Schopenhauer: «la
vita non ha un vero contenuto autentico, ma viene tenuta in
movimento soltanto dal bisogno e dall’illusione: ma non appena
questo movimento si arresta, si rivela tutta l’aridità e la vacuità
dell’esistenza» (A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena).
«No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l'avvio a una scena o
due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.»
(T. S.
Eliot, Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock)