…adorava
il Mare. In quel Paese è il massimo dell’approssimazione alla
libertà.
(I.
Brodskij, Fuga da Bisanzio)
Ma
cosa sarà mai che a Venezia acceca a prima vista? Probabilmente
l’opacità sfocata, da città "in
acqua, sanza mura" (Fr.
Sassetti), “fiore
bianco rosato” -
scriveva la Campo
a Mita - sperduto tra creste livide d’onde schiumanti,
incorporee come solo i colori. Epperò, quale nettezza
smerigliante quell’oceano di pietre! A osservarle dall’alto -
una volta saliti sul campanile di San Giorgio Maggiore -, a
guardarle di lì, le pietre paiono avvampare in fiammate d’oro,
come pedinassero l’incedere tremolante dei raggi, tra gli
ammicchi maliosi del sole che gioca, le ferisce e le carezza,
blandendo certa essenza loro lucertolesca. Perché la città è
davvero un “girasole” (Nicol), e non soltanto per via del
selvatico suo tendere a Oriente della Sublime Porta.
Hesse
fissava la Laguna, la vedeva “immobile, piatta come uno specchio
[…] incessantemente ravvivata da colori, in modo completamente
diverso dal mare aperto, poiché anche i colori più vivaci non
assumevano mai la trasparente chiarezza dell'acqua di mare, ma
erano tutti attutiti come da una stessa mano di fondo, color
bianco latte, assumendo quindi sfumature più tenere, più
differenziate, più fugaci. Venezia non sarebbe Venezia se fosse
in mare aperto; ogni mattina avvertivo l'enorme differenza tra
mare e laguna. I colori giubilanti e luminosamente freschi del
mare mosso priverebbero Venezia dell'ornamento che le è più
proprio: colori velati, di sogno, nascostamente cangianti
(H. Hesse, La Laguna, 1901).
E
a scorrer quelle pagine vien fatto di ricordare le pennellate
grasse, ipnotiche, di Valeri,
e la sua laguna, somigliante a una prateria sottovento: “calma,
ondulata, senz'altra voce che un continuo fruscio d'erbe
lievemente mosse. Sulla piana verd'azzurra pascolano grandi vele
erranti, baie, o pezzate di bianco-grigio e di grigio-nero; sopra,
si spazia, appena un poco più chiaro, un altissimo cielo dove
vanno e vengono greggi di nuvole candide, avviate al glorioso
macello del tramonto.” (Valeri, Guida
Sentimentale di Venezia): “il tuono delle
grandi acque, che cresce come cresce l'ombra...” (G.
D'Annunzio, La
Nave).