«Signori
e signore, l’importante è proporre delle ipotesi.»
(G. Manganelli, Hyperipotesi,
in Tragedie da leggere, Torino 2005)
«La
vita adempie a tutte le condizioni richieste dall’Insolubile.»
(E. M. Cioran, Quaderni.
1957-1972, Milano 2001)
«…questo
privilegiare il dibattito rispetto alle conclusioni che accomuna
Hamlet, Troilus, All’s well e
Measuer for Measure e li propone come prototipi di un
nuovo teatro: non più tragedie o commedie secondo i modelli classici e
rinascimentali, ma «rappresentazioni», luttuose o meno (Trauerspiele,
secondo la definizione data da
Walter
Benjamin del teatro di questo tempo), che
rispecchiano quella nuova sensibilità che per comodità di
classificazione storica è stata detta barocca, ma che per i caratteri
delle sue espressioni stilistiche meglio potrebbe chiamarsi manierista
– una visione del teatro e del mondo tanto più viva oggi, dopo il
crollo delle ideologie. S’intende così il disagio di critici
classicisti come
T.S. Eliot
perfino davanti ad Hamlet, che egli ritiene opera
fallita in quanto in eccesso del suo correlativo oggettivo, e
s’intende la straordinaria ripresa di interesse proprio delle
«commedie nere» nell’ultimo mezzo secolo.»
(…)
«In Hamlet, alla
conflittualità finalizzata ad una determinata conquista si sostituisce
la dialettica intesa ad esplorare i moventi delle azioni
rappresentate. In entrambi i casi il conflitto è in funzione di
quest, di una ricerca; ma mentre nel teatro classico il modello
proposto era quello della conquista (con-quest), nel
teatro manierista/barocco il modello sarà quello dell’inchiesta
(in-quest). E’ la medesima distinzione fondamentale che esiste
fra Iliade(conquista) e Odissea (inchiesta), e segnerà
in tempi più recenti il passaggio dal romanzo cosiddetto realistico a
quello cosiddetto psicologico. Ed è Hamlet ad aprire
questa strada.»
(G. Melchiori,
Shakespeare, Roma-Bari, 2005)
DOPO
SOCRATE «la dialettica penetra gli eroi della scena, essi muoiono di
una ipertrofia logica. In ciò Euripide è ingenuo. La dialettica si
estende all’intera struttura: l’intrigo. Odisseo: Prometeo. Lo
schiavo.»
(F. Nietzsche,
Frammenti postumi. Vol. I: Autunno 1869-Aprile 1871,
Milano 2004)
«Il
pensiero dell’eroe tragico dev’essere completamente incluso
nell’illusione tragica: esso non può pretendere, ad esempio, di
spiegarci l’essenza tragica. Amleto è il modello: egli dichiara sempre
il falso, cerca sempre ragioni false – la conoscenza tragica non entra
nella sua riflessione. Egli ha contemplato il mondo tragico –
ma non ne parla, piuttosto, egli parla soltanto delle sue debolezze,
su cui scarica l’impressione che gli è stata recata da quella visione.
Il pensiero e la
riflessione dell’eroe non sono un’intima comprensione apollinea
della sua vera essenza, ma sono un illusorio balbettamento: l’eroe si
sbaglia. La dialettica si sbaglia. Il linguaggio dell’eroe drammatico
è un continuo errore, un ingannarsi.»
(F. Nietzsche,
Frammenti postumi. Vol. II: Inverno 1870-1871 – Primavera
1872, Milano 2004)
«Tutta
la vita umana potrebbe concepirsi come un immenso discorso, dove
persone diverse vengono a rappresentare differenti parti del discorso…
Quante persone non sono che aggettivi, intereiezioni, congiunzioni,
avverbi, quanto poche sono nomi e verbi attivi, quante sono copule»
(S. Kierkegaard, Papirer,
I)