«[Carmelo Bene] è
ostinato come un politico cinese nel non buttar via nulla della
Tradizione» (A. Arbasino, sesso e svergognatezza la vera
avanguardia, in “la Repubblica”, 6 febbraio 1976)
L’Amleto di cb
«l’unico accettabile»
(R. Wilcock, Carmelo Bene e
il piacere del ritorno, in “Sipario”, aprile 1967)
«è un grande
attore ‘postumo’, tagliato nella stoffa dei grandi attori che non
si trovano più, quelli scomparsi con l’avvento (per me funesto)
del regista-demiurgo, del regista saggista, storiografo, critico,
ecc.»
(C. Garboli,
bene, grande attore postumo, in Un po’ prima del piombo.
Il teatro in Italia negli anni settanta, Milano 1998)
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«…quella
femminilità, quel donnesco, quel senso di fragile e inerme che
sono caratteri fondamentali dell’arte di Carmelo Bene, tanto più
forti, tanto più disperati, quanto più strilla e fa smorfie il
pagliaccio.»
(A. M.
Ripellino, Che donnina, Amleto, in “L’Espresso”, 4 gennaio
1976)
«Un Amleto
scespiriano in frantumi, risolto qua e là con grandi silenzi,
dialoghi a bassa voce, bei tentennamenti, repentine interruzioni
di cori (persino abruzzesi) e di arie celebri, e quel continuo
sospetto che la rappresentazione possa smettere per noia o per
stanchezza del capocomico.»
(E. Flaiano,
Lo spettatore addormentato, Milano, 1996)
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