"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 8 luglio 2004                         


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

L'Elogio degli uccelli di Giacomo Leopardi 

 


 

1. Pà-pa-pà-pa!

 

 


 

 

                                                                                                L’uomo chiese una volta all’animale: 

perché non mi parli della tua felicità, 

e soltanto mi guardi?

(F. NIETZSCHE, Considerazioni inattuali)

 

TAMINO: Chi sei?,

PAPAGENO: Bella domanda!

(W. A. MOZART & SCHIKANEDER, Die Zauberflöte)

 

 

Contemplare per esempio gli uccelli, impaniarsi in tanta beatitudine, ma poi cercare le parole per dare eco all’incanto… ecco le stupidaggini che combinano gli intellettuali. Né c’è verso di farli smettere. - Ma che sarà mai questo bisogno incorreggibile di mettere il proprio Io-Io-Io al posto del pio-pio degli uccellini?... Avrebbe detto il Nostro: tanto vale, meglio non nascere.

 

A proposito della contemplazione degli animali, Nietzsche s’affratellò così tanto a Leopardi da sfiorare il plagio: come il Pastore Errante, anche lui centellinò l’invidia splenetica e faustiana per l’animale “attaccato al piolo dell’istante, e perciò né triste né tediato”.

Ma entrambi erano troppo sottili per non sapere che voler essere un passero, foss’anche per un istante solo di icaresca voluttà, è già sbagliare strada. Perfino Umberto Saba, noioso ma dalle nevrosi coscienti, sapeva che voler essere vuol dire non poter essere più: non vale mica solo per l’amore che chi cerchi non trovi!... – E infatti: che la destra non sappia mai cosa faccia la sinistra è certo la soluzione di tutto, ma anche un gran bel koan: risolvibile alla leggera solo fin quando, come Papageno, non si sa neppure che esista.

 

All’opposto, è il “ben dell’intelletto” il Male! Il “fatti non fummo /a  viver come bruti” la trappola, l’inizio della dolenza labirintica! - Né basta, per lobotomie più o meno simboliche  (10 ore al giorno di tivù?), ridursi a primitivi: tra Polifemo e Papageno, ci facessimo spensierati, da quale parte cadremmo mai?

 

Inarrivabile come don Giovanni, Papageno non sa niente, neppure di sé e della sua mamma: e tutto sempre da naïf vero, senza trucchi socratici e narcisetti, senza mai sapere di non saperlo... eccolo, il segreto dei segreti del Tao, restituito da Mozart e Schikaneder in poche sublimi filastrocche!

 

Questo Forest Gump della foresta è la soluzione viva (altre esistono?) del problema che lui non sa: ignorando l’Aut-Aut angoscioso tra poligamia o paternità, passa dalla prima alla seconda senza un residuo di rancore. 

Per invidia livorosa lo chiameremo “Paradosso Papageno”: rovesci come un guanto il Filisteo (“Una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute”, Nietzsche) che s’avanzava ingordo tra i fumi dei nuovi zum-zum a vapore, e trovi pronta la papagena felicità.

Ma allora?

 

(Su Nietzsche, vedi anche la costellazione 12 e la sedicesima sui Greci)

 


 

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