"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 8, luglio 2004                       


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

L'Elogio degli uccelli di Giacomo Leopardi 

 


 

 

12. Friedrich Nietzsche 

 

 

 


 

 La felicità è poter dimenticare, poter “uccidere il tempo”? 

Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e così dall'alba al tramonto e di giorno in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al piolo dell'istante, e perciò né triste né tediato”. 

 

Questo splendido inizio della Considerazione Inattuale di Nietzsche intitolata Sull'utilità e il danno della storia per la vita non può non ricordare Leopardi che, nel Canto notturno di un pastore errante per l'Asia, aveva scritto: 

“O greggia mia che posi, oh te beata / Che la miseria tua, credo, non sai! / Quanta invidia ti porto! / Non sol perché d'affanno / Quasi libera vai; / Ch’ogni stento, ogni danno /Ogni estremo timor subito scordi...” 

 

Se per Nietzsche le coppie degli opposti sono memoria/oblio, presente/passato, vita/storia, nell’Elogio degli uccelli di Leopardi la dicotomia sta tra Natura e cultura, consapevolezza e inconsapevolezza. 

Gli uccelli leopardiani (“naturalmente le più liete creature del mondo”) “ridono” e sono felici perché hanno una grandissima forza e vivacità, e un grandissimo uso d'immaginativa ma, si badi bene, “non di quella immaginativa profonda, fervida e tempestosa, come ebbero Dante, il Tasso; la quale è funestissima dote, e principio di sollecitudini e angosce gravissime e perpetue; ma di quella ricca, varia, leggera, instabile e fanciullesca; la quale si è larghissima fonte di pensieri ameni e lieti”. 

 

Come le pecore di Nietzsche gli uccelli di Leopardi sono comunque anch'essi “appesi al piolo dell'istante” e la loro inconsapevolezza è costituita dall'essere immuni da quella “malattia storica” che faceva scrivere a Nietzsche: “L'uomo chiese una volta all'animale: perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi guardi? L'animale dal canto suo voleva rispondere e dire: ciò deriva dal fatto che dimentico subito quel che volevo dire -- ma subito dimenticò anche questa risposta e tacque...”  (F. Nietzsche Sull'utilità e il danno della storia per la vita).

 

(Su Nietzsche, vedi anche la prima costellazione sul Papageno del Flauto Magico di Mozart e la sedicesima sui Greci)


 

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