"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


 


 

 

 

Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart

 

 

5. Ma insomma, cosa vuole Mozart?

 

 

Una bella definizione del libretto mozartiano la dà Stendhal parlando della Pietra di paragone di Rossini:

“Il libretto è buono; anche qui, una serie di situazioni forti che si susseguono con una rapidità deliziosa, e sono spiegate molto chiaramente, con poche parole; spesso queste parole sono comiche. Tali situazioni, benché vivacissime e rivolte direttamente alle passioni e ai gusti abituali dei vari personaggi, non si allontanano dalla vita reale e delle abitudini sociali di questa felice Italia, così fortunata per quanto riguarda il cuore, e così infelice a causa dei suoi tirannelli!” (Vita di Rossini).

A parte il vizio del vecchio giacobino di buttarla sempre in politica, ci siamo: situazioni forti, rapidità, poche parole, vicinanza alla vita così com'è.

Detto ciò, un libretto deve soprattutto aizzare muse musicali, il che non è in ogni caso un merito da poco soprattutto se si tratta non di imbastire allegramente un po’ di rime che facciano da pretesto ad arie per la pirotecnica e astratta bravura di tenori narcisi, ma di obbedire alla logica di un dramma musicale coerente, pieno di suspense e affascinante come una commedia di Shakespeare. 

Un percorso accidentato: all’epoca dell’Idomeneo, Mozart aveva tormentato l’abate Varesco per ottenerne ritocchi e cambiamenti; e prima aveva chiesto a Stephanie di modificare a fondo Il Ratto. Nel 1781 scrive al padre: “L’ideale è quando si incontrano un buon compositore, che s’intende di teatro ed è in grado di dare un suo contributo, e un poeta intelligente, una vera araba fenice. E allora non ci si dovrà certo preoccupare dell’approvazione degli ignoranti”.

 

Quanto a Da Ponte, solo quando Mozart divenne sorprendentemente amato e famoso, e il vecchio “abate” si ritrovò a sperare almeno in un po’ di luce riflessa, scrisse un paio di cose a proposito dei tre libretti scritti per lui:

“Osserverò soltanto che Mozart dovette esserne soddisfatto, perché dopo il nostro primo e secondo dramma fu felice di averne un terzo; che li nobilitò con “una veste di note dilettevoli” le quali piacquero anche a voi; e che su altre parole avrebbe certamente composto altra musica. Musica migliore, forse; ma questo resta da vedere” 

(L. DA PONTE, An Extract).

 


 

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