"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:

 

 

27. Pierre-Jan Jouve

 

 

(Lacrime e Sangue in "Paulina 1880")

 


 

Certo, agitata com’è da due venti - l’erotismo satanico e la religiosità più trascinante - questa Griselda del 1880, la giovane Paulina Pandolfini, non è propriamente un’ateista fulminata da canovaccio teatrale; men che meno una dissoluta impenitente! punita e pentita semmai! la sua Colpa, la grave colpa d’essersi concessa al Contarini (e nella camera confinante con quella del Signor Padre), la sua colpa finirà per espiarla, eccome se la espierà! venticinque anni di prigione varranno o no  come l’invito a cena chez-Monsieur le Commendateur?

Jouve traccia qui il profilo d’una vicenda davvero conturbante, fitta fitta immagini al contempo seducenti ed edificanti: santità e misticismo erotico, noviziato e libertinaggio indefesso…del resto, è noto come in Francia il Cattolicesimo sia soprattutto una corrente letteraria (sghignazzava Flaiano)… 

Paulina vive nella casa di famiglia, vive ”placida e in oblio”, ma pur sempre tra segregazioni ossessive del padre e  viziose gelosie del fratello. E la sua passione estatica –la stessa che la porterà poi nel convento di Mantova- ha davvero le forme della Vida di Teresa d’Avila, così morbosamente puro è il suo bisogno di grazia, così specchiato il desidero di vivere e vivere e rivivere un piacere intenso, appunto “di rilesso”… siamo, dunque, nel più lirico Dino Campana, perché sempre, alla fine  “l’avorio del crocifisso vince l’avorio del tuo ventre”…


Ma tale desiderio, farsi titillare da un catalogo di emozioni pari solo al don giovannismo più acuto, ecco, tale desiderio è completamente abbandonato al Manque; vale a dire, condannato all’irrealizzazione, all’insaziabilità infinita… è l’impeto che può proliferare soltanto su se stesso, la ricerca inappagabile d’amore che risulterà sempre impossibile poiché “l’oggetto delle smanie si inscrive completamente nel soggetto stesso” (Lacan) …a nulla vale -allora- amare quest’immaginario fantasma… si può giungere soltanto al disamore di Don Juan, alla fuga eterna del Dissoluto, (anche se poi la leggerezza mozartiana si macchia qui di una crudeltà sanguinaria… perché in fondo si può amare l’oggetto d’amore, ma lo si può anche uccidere). 

Paulina adora un “capretto dagli occhi dolci, teneri e pieni di stupore, come i suoi” spesso se lo struscia al petto, corre tenendolo in braccio, lo bacia e se lo accoccola tra le gambe… ma quando  il fattore fa sapere che è giunta l’ora della mattanza, Paulina quasi non si scompone; certo, è rosa dalla paura, ma assai più dalla attesa del giorno fatale… il suo piccolo amante, ucciderlo, ucciderlo… sì! ma per sua stessa mano… 

“Il fattore maligno sogghignò, l’aiutò, ne spinse la mano. Lei sentì il coltello penetrare nel collo dell’animale, ebbe la mano bagnata di caldo sangue, si teneva dritta, gelida, lo sguardo terribilmente assente, solo il labbro inferiore ebbe un fremito.” 

Il capretto, l’amante Contarini, non c’è differenza… questi oscuri oggetti del desiderio sono simulacri… si amano per poco, si annientano con nulla… 


 

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