Il
circo, i
trapezisti, la ginnastica (le barre parallele ossessioneranno anche
Pierre Klossowski), ecco qual è il mondo che Wedekind preferisce: “Ogni
volta che metto piede sotto quella alta tenda, ariosa e leggera, mi
sento percorso da un vero brivido di voluttà. È un qualcosa di
sontuoso, di grande, eppure a modo suo di così indicibilmente
infantile.”
Frank
Wedekind: funesto scuotitore del Vaso di Pandora, dispensatore di rime
pubblicitarie per il dado Maggi; Franklin Wedekind se ne “stava lì
brutto, brutale, pericoloso, coi suoi corti capelli rossi, le mani
nelle tasche dei pantaloni, e uno sentiva, quello nemmeno il diavolo
se lo porta via” (Brecht); “tra gli uomini lo interessavano
soprattutto queste categorie: lo speculatore, il plagiario, il
funambolo, il giocatore, il mercante di donne, il ginnasiale scappato
di casa. Fra le donne la puttana, la grisette, l’etera” (Calasso).
Ecco, allora, perché compare Lulu
dal suo cilindro clownesco.
Annoiata,
insoddisfatta com’è del mondo, fuma, fuma sigarette su sigarette;
di tanto in tanto s’allunga e si torce dinanzi allo specchio:
vorrebbe rubargli il riflesso, ma
nessuna tentazione surrealista la seduce… Bestia in gabbia,
solo l’arrivo dell’uomo la placa: è l’ora
del pasto quotidiano. Arrota i denti, Lulu, e sorride: lo
sventurato è già sottomesso…
Praz,
squisito intagliatore di nefandezze letterarie, nella Carne aveva già
notato come Il vaso di Pandora (del resto anche nei Karamazov)
inauguri una nuova figura di Cavalier Servente “verranno gli amanti
di Lei, lui (il sedotto) si ritirerà nella stanza accanto, lustrerà
loro le scarpe, accudirà al samovar, farà il facchino”.
Eccoli,
dunque, questi giustiziati d’amore! Il dottor Schön (dopo aver
terminato di scrivere si accascia: “ adesso - viene - il
supplizio” dal libretto musicato da Berg ); il pittore Schwarz, (si
uccide da sé), entrambi sacrificati senza che nemmeno un ombra di
angelo soccorritore offria loro almeno la
palma del martirio.