Si
capisce da lontano un miglio, soprattutto se siamo miopi, che qui
siamo di fronte a un dilettante. E questo tacendo di lui il
peggio, come l’idea che sia un buon metodo scrivere di Mozart
prima di averlo ascoltato, spacciando per propria la farina di
qualcun altro.
Nella
catastrofe di Napoleone sconfitto, Henri Beyle, che ha già
trent’anni, pensa che sia il caso di esordire come scrittore
pubblicando a proprie spese la triplice biografia di Haydn, Mozart
e Metastasio. Si firmò con un nome che mette assieme i re di quel
suo angolo di vita con un cognome che invece diceva qualcosa del
suo fisico già greve: “Louis-Alexandre César Bombet.”
L’edizione
in proprio gli costò mille franchi.
Di
Haydn, Mozart e Metastasio non sapeva nulla, ma la cosa non lo
spaventò. Quando divenne Stendhal, fece dire al
protagonista del suo libro più euforico: “Di
non sapere niente, son persuaso (…) ma voglio battermi e sono
deciso ad andare laggiù verso quel fumo bianco” (La
Certosa di Parma).
Il
“fumo bianco” del suo primo libro fu qualcosa verso cui corse
a cavallo dei libri di altri, da cui copiò capitoli interi:
“senza scrupoli, con la scaltrezza irresponsabile di un
cleptomane, fingendo di ignorare le più ovvie regole dei diritti
d’autore” (A. ARBO, Introduzione a STENDHAL,
Vite di Haydn, Mozart
e Metastasio, Studio Tesi).
Nel
caso di Mozart: il libro di Winkler “Notice
biographique de Jean-Chrysostome-Wolfgang-Théophile Mozart”
e, di C. Fr. Cramer, Trente-deux
anecdotes sur W. C. Mozart, traduites de Rochlitz.
Dal
tutto nasce
un plagio con variazioni sul tono, che è già “stendhaliano”,
e quindi salottiero, leggero, vivace, frizzante, ammiccante,
festoso, cinico, sentimentale, futile, chiacchierone…