Certo,
nel Don Juan Tenorio di Zeise non è che pullulino proprio i soliti
mille nei e cicisbei settecenteschi… anzi! C’è davvero ben poco
della délicatesse da salotto
della Marchesa.
Davvero
nulla dei tomboli e gros points d’ordinanza, delle ciacole e
ventagli galanti… (ché alla fin fine anche Monsieur de Fontenelle
ce l’ha contata mica tanto giusta: non sarà che poi, a furia di
frequentare il Boudoir del biscottín, anche il Don Giovanni più
indomito ceda alla tentazione d’Origene? e magari, zac! si ricicli
addirittura come voce bianca? Chissà…
No
no, in Zeise c’è bel altro: lì è tutto un garrire di
vessilli moriscos, di scintillanti mezzalune oro e argento, di
arabeschi e turcherie, e sanguinolente guerre fratricide tra Alfonso
XI e Il Crudele Pedro…
Questo
romanzo del 1942 è in tutto e per tutto una miniera di
“spagnolismo” altero, un po’ à la manière de “Stendhal égotiste”,
ma ovviamente giulebbato in salsa castigliana, quindi muy valiente…
ecco, allora, la solenne presentazione dell’eroe: “Io, Don
Juan Tenorio, non fui un
semplice Don Juan, un seduttore demoniaco che cercava nella femmina la
realizzazione della sua irrequietezza, ma senza mai placarla. Io –
Don Juan Tenorio- fui l’ultimo Cavaliere di Spagna in un tempo in
cui l’autocrazia e la teocrazia rendevano succuba la Cavalleria di
Castiglia.”
Ora,
la leggenda riferirà pure che “i suoi scrupoli erano di vita più
breve dell’attimo che alla donna serve
per dimenticare l’amore di ieri con un caldo soffio che le
sfori la nuca, e poi concedersi a quello di oggi” epperò, epperò
Zeise preferisce puntare quasi solamente sull’azione eroica del
personaggio. Ecco perché questo austriaco “perso nelle tenebre
della semidemenza”, l’amico fidatissimo di Musil, Zeise sceglie di
incastonare la biografia di Don Juan Tenorio in una cornice
ottocentesca, sì da provocare poi l’immediato confronto tra le
folgori andaluse e le funeste campagne napoleoniche in Spagna.
Ci
si getta dunque sulle riflessioni circa il Potere e l’Onore; si
giunge però –imprevedibilmente- a una considerazione davvero
geniale, in tutto simile alla tesi del Merežkoskij: “Nei suoi
istanti di suprema potenza Napoleone non comanda più come un uomo, ma
seduce come una donna.”
Come
dire, il Potere supremo è comunque sempre potere seduttivo.
Sicché
–nonostante tutto- la Gonnella continua a mantenere il suo fascino,
e non è un caso che Don Juan s’imponga di fiutare ovunque la
“Humedad de Feminino”, quel “peu d’ombre et d’odeur” che
in Verlaine indora uomini, capanne e pietre…
Ne
consegue, dunque, l’armamentario del seduttore: dal catalogo di
menzogne alle conquiste più ardue. “…passeggiava su e giù
nervosamente, si girava e faceva frusciare e ondeggiare la sottana. Si
aspettava forse un complimento? Già piccolo maestro delle Bugie di
corte glielo recitai con serietà…”
E
ancora: da autentico ateista luciferino: “…profondamente inchinato
su Pedro [il suo rivale, il Crudele] gli bisbigliai che avevo goduto
appena ieri di Maria; ieri, poco prima di lui, e anche prima del suo
matrimonio. Gli giurai poi che ogni notte d’amore lui arrivava
sempre tardi, nondimeno abbastanza presto per riconoscere i miei baci.
Gli promisi anche che Maria avrebbe partorito i miei bastardi, e
scommisi con lui che questi figli illegittimi avrebbero portato il mio
nome.”