Chandrá
vuol dire Voluttà.
Sentir
un cuore al primo battito
L’amore
inseguire e d’un tratto
Strappare
a lei un appuntamento
Segreto…
e nell’intimità
Ammaestrarlo
in tranquillità…
“Per
poco non morivo di noia, che gente! che paese! Il cielo, grigio come
fumo! E le donne? Vedi, mio sciocco Leporello, io non scambierei
l’ultima contadina Andalusa con la più bella donna di laggiù […]
era una pena frequentare quelle bambole di cera, senza vita…” - Il
Don Giovanni di Puškin (torna dall’esilio, forse da Bòldino?) è
senz’altro afflitto da una qualche forma di chandrá
alla Eugenio Onieghin, sorta di ondata di spleen byroniano che lo
fa sbuffare, lamentare, provar nostalgia per gli sguardi sotto la
veletta (pizzo e malinconia) delle sue donne.
Un
po’ come in Baudelaire, Alla passante: “Io
contratto come un pazzo, bevevo/ nel suo occhio, livido cielo dove
germoglia l’uragano/la dolcezza che affascina la bellezza che
uccide”.
Ama,
questo don Giovanni, e sembra quasi redimersi dall’impenitenza (che
delusione!)
Eppure
quale sciabolio di schermaglie amorose guizzano nella scena IV: Don
Giovanni maschera la sua “natura” sotto un tabarro da monaco, e
inginocchiato ai piedi di Donn’Anna (“amo
la folle giovinezza,/ e ressa, i fasti, e contentezza/ e di dame
l’attento vestire/ e bei piedini… ancora l’Onieghin tradotto
da Giudici), Don Giovanni si dichiara pronto a baciare finanche la
fibbia della sua vedova “consolabile”…
Ecco,
ecco che qui si è direttamente sbalestrati nella mitica biblioteca puškiniana,
lo Shakespeare del Riccardo III aperto a bella posta sul tavolo di
betullina spenta. Le analogie sembrerebbero invitanti: Gloucester è
l’assassino crudele del marito di Lady Anna, così Donn’Anna è
ancora una volta moglie, e
non figlia del Commendatore. Proprio dinanzi al feretro Gloucester
urla - gli è naturale, è nato con i denti: “ciò
presagiva chiaramente che avrei ringhiato e morso, e fatto il cane”-
Gloucester urla, strepita
e blocca il corteo “o per san
Paolo, faccio una salma di chi disubbidisce!”; allo
stesso modo, nella notte nera Don Giovanni si fa trovare davanti la
tomba del Commendatore, e col suo piglio satanico giunge a prendersi
gioco di lei, invitandola a star di guardia all’alcova, praticamente
il “vuoi star dentro con la
bella ed io far la sentinella” canticchiato da Leporello.
Lady
Anna pare decisa, sembra non voglia cedere a nessun prezzo: “sozzo
demonio, vattene”. E ancora: “Spenga
il tuo giorno una notte nera e… morte… la … tua … vita".
Ma Gloucester, seduttore
luciferino: non
maledire te stessa, ché
sei tu luce e vita per me…
Allo
stesso modo, Donn’Anna, ignara di chi sia il suo corteggiatore, di
Don Giovanni si lascia sfuggire: “pugnalerei
al cuore, quel farabutto…” E Lui:
… tacerò; ma non scacciate quello a cui la vostra vista è sola
gioia…Dov’è il pugnale?
Ecco il mio petto […] Cosa
significa morire? La vita io darei con serenità, per vedervi anche un
solo istante…”
Insomma
qualche assonanza, il tono, il fraseggio trillato, negli affondi e
parate di quest’assalto in punta di fioretto, per quanto… per
quanto Don Giovanni paia davvero illanguidito, vittima
della propria fama, in tutto trasfigurato
dall’amore “amando voi, io
amo la virtù, e per la prima volta trepidante e umile mi inchino
innanzi a lei” ; mentre Gloucester – assassinio speranza delle
donne - meglio se sotto i panni di Carmelo Bene, una volta sedotta
Lady Anna, ci dà ancora qualche speranza:
…“la
tengo la tengo, ma non per molto, non per
molto…ehehehheehehehehhe”.