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febbraio 1829.
Eckermann
e Goethe parlano del Faust.
Che bello sarebbe se un giorno un grande musicista ne facesse
un’opera!, disse Eckermann: “E’
assolutamente impossibile. Dovrebbe contenere il ributtante, il
ripugnante, lo spaventoso, ed essi sono contrari al nostro tempo. La
musica dovrebbe essere del carattere del Don
Giovanni. Solo Mozart avrebbe potuto comporre il Faust.”
E
sia, ma… su questa supposta fratellanza tra i due se ne son dette
troppe, no?… i romantici ci hanno provato in tutti i modi a
contaminare Don Giovanni, ad ammalare di pensiero la sua
“incarnazione della carne” (Kierkegaard)… ma Don Giovanni non
pensa, e non gli manca.
Ancora:
“Ascoltate come la musica racconta la sua vita: come il lampo
dall’oscura nube temporalesca, così egli guizza dalla profonda
serietà della vita… ascoltate il silenzio dell’attimo”: ecco,
“l’attimo” famoso, che tra i due scava l’abisso… Faust, si
sa, darebbe tutto per un attimo a cui valga la pensa dire “fermati,
sei bello!”, che è quanto Natura concede a Don Giovanni
incessantemente.
Per
Don Giovanni, ogni attimo è talmente bello, da cancellare ogni altro
tempo! Estasi perenne, mistica del presente che tutto il resto
dimentica! Ecco il peccato di Don Giovanni, aver trovato in terra il
paradiso.
(E
infatti solo da fuori, dal
cimitero, dall’inferno, può sbucare il Tempo a sfilargli da sotto i
piedi il tappeto fiorito della vita: questa – sempre Kierkegaard! -
è l’ironia atroce della sua storia: “l’apparizione del
commendatore è una enorme ironia”, essendo
l’ironia “la correzione della vita immediata”).