"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003 |
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Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. Proviamo a segnalarne qualcuna
Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:
1. Dante
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L’Inferno di Dante è l’unico modello illustrissimo che Da Ponte si riconosce per il libretto del Don Giovanni. Baudelaire, prendendo sul serio Molière, prese sul serio anche lui e scrisse il molto dantesco Don Giovanni all’Inferno che proponiamo per “tradire e tradurre”. Naturalmente, anche noi siamo qui per prendere tutto sul serio, e dunque: è un fatto che alla fine dell’opera l’Inferno squarcia la crosta sottile di terra che ci è data per vivere e inghiotte il Dissoluto in un coro sabbatico di diavoli. Dopo di che non sappiamo nulla di ufficiale sul dove il Vizioso sia stato cacciato. Il coro finale, che Da Ponte e Mozart scrivono per dar voce un'ultima volta alle vittime del reprobo, confonde ancora le acque; i versi infatti dicono “Resti dunque quel birbon Con Proserpina e Pluton”. |
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Don Giovanni, da Tirso de Molina in poi, è invece soprattutto un “Burlador” tanto degli uomini quanto di Dio!… Forse un’ipotesi più plausibile sarebbe la sua cacciata nella prima cinta di Malebolge, nell’inferno più infero dei “fraudenti”, in quanto viziosissimo seduttore? Lì Dante si vede indicare da Virgilio Giasone. Giasone sedusse Isifile “con segni e con parole ornate” (XVIII, v. 91), lasciandola alla fine “gravida, soletta”: quel “soletta” potrebbe benissimo essere d'un Metastasio e quindi di Da Ponte (v. 94), adattandosi alla perfezione a Donna Elvira… Che Giasone sia stato il Don Giovanni dell’antichità pare confermarlo il fatto che il suo sedur le donne sia stato proprio un vizio: basta chiedere a Medea (ma lui sempre per un altro scopo che non la seduzione in sé, insomma come sedurre un Napoleone III a Plombières: la differenza deporrà a favore o contro il signor Giovanni Tenorio?)… |
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In ogni caso, fosse riconosciuto come Giasone un seduttore essenziale, Don Giovanni sarebbe costretto a pena decisamente meno aristocratica di quella di Tristano: invece della bufera che sballottala le anime come foglie, come gru e come stornelli, si troverebbe stretto in una massa più costipata che in un autobus romano all’ora di punta, mentre “demoni cornuti con gran ferze” (v. 35) li scuoiano senza sosta!… Ma non è detto. Non dimentichiamo che Don Giovani, sia pur riottoso come un fra Cristoforo, ha ucciso in regolare duello il Commendatore: per omicidi che non sono ricorsi al tradimento, c’è da accomodarsi più in su, prima dell’“alto buratto” da cui Virgilio e Dante planano a Malebolge sulla schiena dell’infido Gerione, nel “bollor vermiglio” di Flegetonte: lì le animacce omicide sono costrette a cucinarsi, e ad esser prede delle frecce dei centuari se poco poco provano a sollevarsi fuori del fiume ustionante. Né finisce qui. Resta ancora un’opzione. Perché Don Giovanni, e qui davvero si torna a Tirso, a pensarci bene è forse prima di tutto un negatore di Dio e della sua Giustizia: uno che invita i morti a cena e, dando per vere anche le varianti più antiche del mito, uno che prende a calci i teschi e che paga i poveri perché bestemmino: robe che nemmeno Stendhal!… sarà allora accompagnato accanto all’abnorme Capaneo, a scatenarsi in eterna autistica gara di bestemmie sotto una pioggia di falde di fuoco? Baudelaire stesso, per una volta prudente, accompagna Don Giovanni appena sulla barca di Caronte…
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