Di
Mozart, Da Ponte scrive pochissimo nelle sue Memorie allegre e vanitose. Il primo libretto fu quello delle Nozze
di Figaro: “possiamo essere certi che Mozart sia intervenuto in
modo determinante in tutto ciò che riguardava la costruzione dei
singoli atti, e particolarmente l’alternarsi di scene comiche e
patetiche e in generale il ritmo di tutta l’opera. Saremmo
autorizzati a pensarlo anche se non avessimo altra prova che
l’innegabile superiorità dei tre libretti per Mozart rispetto agli
altri scritti da Da Ponte, anche in anni più tardi” (A. Lanapoppi, Lorenzo
Da Ponte).
Proprio
Mozart fu comunque nelle sue lettere perfettamente chiaro su come
dovessero essere condotte le cose: già nel 1781, a 25 anni, scrisse
al padre che le parole del libretto devono “essere scritte solo per
la musica” e non per un vuoto “amore delle rime” che avrebbe
rovinato “le intenzioni del compositore”. Due anni dopo, netto e
chiaro, riferendosi a Varesco, già librettista dell’Idomeneo
e ora dell’Oca del Cairo, scrisse:
“E
ora veniamo a Varesco. Il piano dell’opera mi va benissimo. Ora è
necessario che parli subito con il conte Rosenberg per assicurare al
poeta la sua remunerazione. Che però il signor Varesco dubiti del
successo dell’opera mi sembra molto offensivo nei miei riguardi.
Posso assicurargli che il suo libretto certamente non piacerà se la
musica non sarà buona. La musica è la cosa principale in ogni opera:
e se vuole che il libretto piaccia, così da poter sperare in una
ricompensa, dovrà modificare e rifondere tutto quello che vorrò,
ogni volta che vorrò, e non fare di testa sua”.
Mozart
sa che, con le pretese poetiche d’un librettista nutrito di Arcadia
e Metastasio, aristotelismi e cruscherie, c’è da perderci la testa,
gente con cui lavorare ma sapendo bene come difendersi.
Lettera
del 13 ottobre 1781: “I poeti mi sembrano quasi tutti dei
trombettisti, con quei loro virtuosismi. Se noi compositori volessimo
seguire così fedelmente le regole, la nostra musica varrebbe tanto
poco quanto i loro libretti.”
E
il padre Leopold, scrivendo alla moglie – 11 novembre 1785 – scusa
il figlio impegnato proprio per Le
nozze di Figaro, lavoro che “gli costerà molte corse e
discussioni, finché otterrà un libretto così ridotto come desidera
averlo perché risponda alle sue intenzioni.”