Volgendo
lo sguardo indietro, mi sembra che la mia esistenza sarebbe stata
inimmaginabile senza questa applicazione ala medicina e alla biologia.
Si poteva ancora raccogliere in quegli anni l’intera summa
dell’epoca induttiva, i suoi metodi, le sue concezioni, il suo
linguaggio, tutto si trovava nella massima fioritura, era il momento
del massimo successo, della sua olimpica grandezza. E una cosa in
particolare insegnò ai giovani, quando dominava ancora incontrastata:
freddezza di pensiero, sobrietà, la più assoluta acutezza di
concetto, il dover disporre di prove a sostegno di un giudizio, un
inesorabile senso della critica, l’autocritica: in una parola, il
lato creativo dell’oggettività. Non si sarebbero potuti comprendere
i decenni successivi senza di essa; chi non era passato attraverso
l’epoca delle scienze naturali, non riusciva mai a pervenire ad un
giudizio significativo, non era in grado di maturare con il secolo:
rigore di pensiero, responsabilità nel giudizio, sicurezza nel
decidere tra eccezionalità e norma, e prima di ogni altra cosa il
profondo scetticismo che genera lo stile: tutto ciò crebbe qui.