"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9 dicembre 2004
Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura |
14. Droghe
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“Già una pillola basta a gabbarti e il torbido rischiara, il freddo scalda.” (G. BENN, Melanconia) “Ho vissuto or ora luminosi, stupendi, celestiali minuti.” (A. Čechov, Il Monaco nero) “…una frescura di menta all’addome…” (M. BULGAKOV, Morfina) Soprattutto secondo il dottor Benn, che aveva visto suo padre vietare la morfina alla madre morente perché anche “la sofferenza viene dal Signore”, le droghe sono semplicemente indispensabilissime. E non solo per far fuori il dolore, questo è ormai ovvio persino per un pastore; ma soprattutto per accedere a condizioni di euforia e piacere, conoscenza ed estasi, condannate altrimenti a restare sopite e inattingibili nel fondo più misterioso di ognuno!
La pervitina è una metanfetamina: ottimo eccitante. Che occasione sprecata non imparare che farci (“io sono convinto che in noi riposano estese falde biologiche, strati aurorali che, se li coltivassimo consapevolmente, ci aprirebbero la via a molte esperienze”: Ib.)!
La Grande Droga Conoscentesarà allora soprattutto la scrittura!: “Agisce qui una droga endocrina, che secerne la fisiologia di un medico fra le cui mani sono passati molti cadaveri. Quella droga allenta i nessi che rendono la realtà percorribile. Ne isola altri, che si mostrano con irrisoria evidenza alla mente drogata, e indecifrabili alle altre menti. Questo nutre il terreno cedevole della prosa assoluta” (R. CALASSO, Cicatrice di smalto, postfaz. A G. BENN, Cervelli).
Come si vede, mica stiamo a rifare i panegirichetti sul trip da acido adolescente della beat generation. Per Benn, con le droghe si va avanti nella guerra perenne che il cervello umano deve condurre per potenziarsi, per sfuggire alle sirene nostalgiche del nulla e del caos dai quali è emerso.
Artificialmente, del resto, si può provocare anche l’ottundimento e l’idiozia, regressioni nell’infantilità e nell’autoconsolazione perenne per la propria, ben altrimenti medicabile, pochezza. Così, “droga” pessima sarà sempre quella contaballe perenne – ancora per Leopardi indispensabile! – della speranza, e la sua incarnazione superna che è Dio: “in breve sperare significa: avere idee sbagliate sulla vita, su ciò che esige e su ciò che può offrire, e soprattutto su ciò che si ha da compiere e da reggere senza speranza” (G. BENN, Pietra, verso, flauto).
Stessa oscillazione, tra necessità di delirio e di realtà, in Céline, che rifiutò la morfina quando - ferito in guerra - venne operato. – Morfinomane fino ad arrivare a un filo dalla morte fu Bulgakov: ebbe infatti la pessima idea, quando era a Nikol’skoe, di curare così gli effetti collaterali di un vaccino antidiferite. – Lo salvò la prima moglie, Tat’jana Kisselhof: anche ingannandolo, preparandogli, invece che dosi di droga, siringhe piene di acqua distillata. Sa quindi per prova cosa voglia dire che “il morfinomane ha una felicità che nessuno gli può togliere: la capacità di trascorrere la vita in completa solitudine. E la solitudine significa pensieri importanti e profondi, significa contemplazione, serenità, saggezza…” (M. BULGAKOV, “Morfina” in: Appunti di un giovane medico).
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(Andréj Vassìlievic’ Kovrin, protagonista del Monaco nero di Čechov, non starebbe così a sottilizzare, su allucinogeni buoni o cattivi: l’importante non è star bene senza far male a nessuno? Ma questo lo aggiungiamo così, giusto in un a parte). |
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