“ha
una provetta graduata?”
(R.
L. STEVENSON, Lo strano caso
del dott. Jekyll e del sig. Hyde).
“...mio
marito fu particolarmente colpito da un articolo
sul
subcosciente che gli capitò di leggere su una rivista scientifica
francese”
(Nota
introduttiva della Sig.ra Stevenson. La genesi del “Dottor
Jekyll”, 1923)
Già
nel Ladro
di cadaveri (1881) si racconta il prezzo.
L’avventura
stessa nacque da patti diabolici, perché la luce sul tavolo
settorio non separò mai del tutto eleganti ascetici medici
rembrandtiani dall’ombra che da loro s’allungava fino ai
bassifondi criminali; e da lì oltre, nei cimiteri, dove i corpi
da sezionare si raccattavano in segreto, trafugandoli dalle tombe
profanate.
Una
sala d’anatomia c’è anche nella casa-studio del dottor Jekyll
(1886), ma è ormai deserta di
studenti e disertata dal dottore, catturato dalla stravaganza
forse folle della “medicina trascendentale”.
La
scoperta di Jekyll è da fisica dei quanti: il corpo non esiste,
la sua falsa evidenza, la sua “tremula immaterialità”, non è
che il frutto di un’emanazione psichica: la psiche è la sola
realtà, oltre
che metafisica, medica. - Il
moderno è la capacità di intervenire chimicamente sul divino; la
superstizione è sempre la stessa, quella del goethiano Apprendista
Stregone che s’illuse che bastasse un potere
semplice per mettersi al posto di Dio nel controllo delle cose.
La
chimica fattura “la droga” che dovrebbe liberare Jekyll dalla
sua “masnada di assassini” (S. FREUD, Al di là dl principio di
piacere), quel caos infero subìto - nevrosi
d’innocenza! - come la ferita immedicabile della “melma” e
della “fogna”, della “polvere amorfa” e del “peccato”,
inferta a un’anima
ossessivamente perfetta.
Martire
come il dott. Moreau di Wells
dei suoi esperimenti, il tossico Jekyll annuncia, più che la
psicanalisi che imparerà ad affidare tutto alla parola (vedi in Freud
l’abbandono dell’ipnosi e della cocaina), le modernissime
terapie che per farmaci
ben più svelti procacciano sollievi per l’anima infranta.
Jekyll
è l’avo
tragico ben più del delirio fantamedico (?) del “Trattamento
Ludovico”, a cui si sottopone l’Alex di Arancia a
orologeria, che del dottor
S.: verboso collezionatore di “coscienze” come
quella, a sua volta ben poco medicabile, di Zeno.