“Dal
medico pretendono sempre l’impossibile. La vecchia
fede
l’hanno perduta; il parroco se ne sta a casa…”
(F.
KAFKA, Il medico di campagna)
Mettere
insieme, come in queste costellazioni,
tanti medici, funzionerà come la prova – immortale Carosello! -
del Bianco più Bianco?: tovaglie a prima vista tutte linde,
vengono ingrigite di colpo dall’irrompere abbagliante di quella
lavata dal detersivo più divino!
Si
sa che per l’infinito basta una pagina di Kafka, ma tanto più
qui Il
medico di campagna toglie la parola, allarga
pupille e sospende il fiato!
Se
“Letteratura” è tutto ciò che eccede riassunto e
interpretazione del plot (Manganelli),
Kafka, l’irriasumibile, è Letteratura fino alla vertigine. -
Non c’è che da leggere e rileggere, infinitamente: trattenuti
tra misteri nati per non essere risolti (Mallarmé).
La
spirale di paradossi di queste cinque pagine – mai una tregua,
mai un fatto che si rapprenda
nella solida ovvietà di cui abbiamo tanto bisogno per
sopravviverci! – hanno la forza ironica e crudele di ciò che sa
farsi solo guardare.
Così,
abbandonati da ogni pietosa decifrazione, ci si chiede perfino se
sia forse tutto qui il
mistero - il Sacro? - de “la” Medicina… Chissà.
Intanto:
qui, come per l’inconscio, il mito e il Sacro, non serve a
niente il lineare e binario Aristotele.
Il
medico, adeguata inadeguatezza, non salva molto. Come una vittima
sacrificale, viene denudato e messo a contatto con la piaga del
malato: come se dovesse farsi sua sindone, e assorbirne il male
eccedente? - Da questa vicinanza irritante per il malato
(“Invece di aiutarmi rendi più angusto il mio letto di morte.
Ti caverò gli occhi.”), il medico solo parla, laconico e
generico come un qualunque dottor Bovary
(“la tua ferita non è così grave”). Quella parola
il malato “la prese, e si acquietò”.
Il
malato è vicino e lontano, vuole morire ed essere salvato, è
stanco di vivere, supplichevole, arrogante. La famiglia – ma poi
il villaggio intero – assiste alla visita sperando che
una malattia esista, e che il medico la guarisca. Se fallisse, il
medico potrebbe essere ucciso. La malattia, che all’inizio non
appare, è una ferita che il malato ha da sempre.
Ora
è almeno certo che la ferita ha il suo destino, come
il medico il suo: a ognuno la sua perdizione?
“Esposto
al gelo di quest’epoca sciagurata, con una carrozza terrena, con
cavalli non terreni”, il medico si perde nell’irrimediabile,
senza che “nessuno nell’inquieta plebe dei pazienti muova un
dito”.
*°*
Sul
Medico di campagna,
vedi anche, nel n. 3 del “compagno
segreto”
Kafka Comix:
http://www.compagnosegreto.it/NUMERO3/libro9.htm