"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2004                                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

           Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura

 


 

4. Buzzati

 

 


 

 

“Satana vi spolpi!”

(Questioni ospedaliere)

 

Buzzati fa pensare al contrario di Velasquez, e cioè Magritte: pittura di scarsa belluria, da dilettante domenicale che, con tecnica analoga a quella con cui si facevano le figurine che accompagnano le vocali per i bimbi delle elementari, illustra cieli azzurramente piatti sui quali accampare nuvolette pannose, e case, mele, alberi, pipe e bombette dipingendo sempre dentro contorni diligenti…

Buzzati, come Magritte, prova a riscattare una – sarà forse enigmatica? – una scrittura né sensuale né elegante sul piano “metafisico” della trovata.

Il che forse è giusto il contrario della letteratura

 

Prevedibile metafora infera, Sette piani (in Sessanta Racconti) racconta di un malato che, sano come il Giovanni Castorp della Montagna Incantata, scende via via i sette piani dell’ospedale sprofondando in stadi sempre peggiori della sua pur vaga malattia.

Subito l’accorto lettore (gongolerà di autocompiacimento per questa sua prova d’acume?) intuisce che causa del peggioramento progressivo e letale della malattia sia l’ospedale stesso, luogo ilare e demenziale come tutte i luoghi ottusamente efficienti.

 

Più livoroso e umorale, Questioni ospedaliere (in La boutique del mistero), racconta di un malcapitato che si precipita, tenendo tra le braccia una bimba grondante sangue, in un ospedale in cui medici, infermieri, e perfino una suora, lo mandano di qua e di là tra reparti e corridoî sufficientemente labirintici per perdervisi senza fine. 

Come ognun vede (e soprattutto chi ha avuto sventurati commerci con nosocomi, cliniche e sanatorî) Buzzati va posto non tra gli epigoni di kafkismi inarrivabili, ma con più sagace modestia tra i balzachiani rispecchiatori della Realtà così com’è: se poi la stessa risultasse “assurda”, non sarà dunque il caso di prendersela con lo specchio.

 

Odore di tartufo (ora nel volume dei Meridiani coi Romanzi e racconti) è la storia di un ipocondriaco – figura dai tratti uguali all’immortale Malato di Molière – terrorizzato di restare contagiato da un tipo di peste, più letale di quelle di Erodoto e Boccaccio, detta anche “sillabica” perché ingarbuglia i discorsi di chi la contrae. 

Puerilmente furbastro come ogni maniaco dei germi, il protagonista si legherà di servile amicizia a un “clinico famoso” che però, avendo contratto il morbo, lo contagerà a sua volta.

 

Tutto qua: Buzzati racconta catastrofi più prevedibili dei meravigliosi slow-burn di Stallio e Ollio, ma senza far ridere. 

Diciamola da forbiti: un immaginabile, e dunque possibile, Vladimir Propp specializzato in Morfologia della Barzelletta, riconoscerebbe nei bozzetti buzzatiani la struttura di quelle sempre agognate storielle depauperata però dal comico: il che potrebbe essere, per gli amanti del genere, non la base di un fastidio, ma la prova di un archetipo…


 

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