“Satana vi spolpi!”
(Questioni ospedaliere)
Buzzati
fa pensare al contrario di Velasquez,
e cioè Magritte: pittura
di scarsa belluria, da dilettante domenicale che, con tecnica
analoga a quella con cui si facevano le figurine che accompagnano
le vocali per i bimbi delle elementari, illustra cieli
azzurramente piatti sui quali accampare nuvolette pannose, e case,
mele, alberi, pipe e bombette dipingendo sempre dentro contorni
diligenti…
Buzzati,
come Magritte, prova a riscattare una – sarà forse enigmatica?
– una scrittura né sensuale né elegante sul piano
“metafisico” della trovata.
Il
che forse è giusto il contrario della letteratura
Prevedibile
metafora infera, Sette
piani (in
Sessanta Racconti)
racconta di un malato che, sano come il Giovanni Castorp della Montagna
Incantata, scende via via i sette piani
dell’ospedale sprofondando in stadi sempre peggiori della sua
pur vaga malattia.
Subito
l’accorto lettore (gongolerà di autocompiacimento per questa
sua prova d’acume?) intuisce che causa del peggioramento
progressivo e letale della malattia sia l’ospedale stesso, luogo
ilare e demenziale come tutte i luoghi ottusamente efficienti.
Più
livoroso e umorale, Questioni
ospedaliere (in La
boutique del mistero), racconta di un malcapitato
che si precipita, tenendo tra le braccia una bimba grondante
sangue, in un ospedale in cui medici, infermieri, e perfino una
suora, lo mandano di qua e di là tra reparti e corridoî
sufficientemente labirintici per perdervisi senza fine.
Come
ognun vede (e soprattutto chi ha avuto sventurati commerci con
nosocomi, cliniche e sanatorî) Buzzati va posto non tra gli
epigoni di kafkismi inarrivabili, ma con più sagace modestia tra
i balzachiani rispecchiatori della Realtà così com’è: se poi
la stessa risultasse “assurda”, non sarà dunque il caso di
prendersela con lo specchio.
Odore
di tartufo (ora
nel volume dei Meridiani coi Romanzi
e racconti)
è la storia di un ipocondriaco – figura dai tratti uguali
all’immortale Malato
di Molière
– terrorizzato di restare contagiato da un tipo di peste, più
letale di quelle di Erodoto e Boccaccio, detta anche
“sillabica” perché ingarbuglia i discorsi di chi la contrae.
Puerilmente
furbastro come ogni maniaco dei germi, il protagonista si legherà
di servile amicizia a un “clinico famoso” che però, avendo
contratto il morbo, lo contagerà a sua volta.
Tutto
qua: Buzzati racconta catastrofi più prevedibili dei meravigliosi
slow-burn di Stallio e
Ollio, ma senza far ridere.
Diciamola
da forbiti: un immaginabile, e dunque possibile, Vladimir Propp
specializzato in Morfologia della
Barzelletta, riconoscerebbe nei bozzetti buzzatiani
la struttura di quelle sempre agognate storielle depauperata però
dal comico: il che potrebbe essere, per gli amanti del genere, non
la base di un fastidio, ma la prova di un archetipo…