“…non
potevo ancora credere a una effettiva volontà
malvagia
di Dio nei miei riguardi.”
(D.
P. SCHREBER, Memorie di un malato di nervi)
“Altro
che psicoanalisi ci vorrebbe...”
(I.
SVEVO, La coscienza di Zeno)
Borghesuccio
com’è, l’edipico Zeno ha zero
da dire al mondo: indifferente alla Guerra “Grande” che
si combatte a un sospiro dai suoi traffici, ve ne scorge però, ma
quasi distrattamente, per profeticità più avulsa che oracolare,
la figura del disastro
finale verso cui l’Uomo sta portando il pianeta. – Fosse vero,
avrà allora ragione lui a non perdersi nel pianto per i futuri
morti di Redipuglia: schiere dolenti che, per quanto abnormi, non
sono che annuncio sbiadito tra i tanti dell’Apocalisse
inevitabile!
La
bazzecola della fine del mondo comunque viene sbrigata in un paio
di pagine alla fine.
Il
Presidente di Corte Schreber, invece, per dispiegare le sue idee a
favore di una decriptazione del Mistero del Mondo, ha bisogno
della pazienza di centinaia di fogli e dell’andamento
catechistico di una nuova Rivelazione: quale ottimista! - Il Tutto
gli si manifesta– tentazione deliziosa credergli – come una
ramificazione di filamenti nervosi pressoché infiniti che
scendono da Dio fino alle miriadi degli esseri, in un reticolo
spesso indescrivibile, ma più logico e inesorabile dei gironi e
delle sfere di Dante (altro
“paranoico”!, con quella mania di ordinare e giudicare tutto!,
come dice Alfredo Giuliani in
un’intervista recente su “Repubblica”
per i suoi ottant’anni)…
L’ultima
frase delle Memorie di un malato di
nervi celebra l’“ordine del Mondo”;
l’ultima parola è “armonia”. Zeno
chiude con: “parassiti e malattie”.
Tutt’altro
che persa in millenarismi da moralisti spiritati, la clausola
catastrofica della sua Coscienza
è lo sguardo straniato che chiude il quadernetto senile
d’un mercante sui cinquant’anni, discretamente pusillanime e
nevrotico, blandamente grafomane, indifferente al macello delle
trincee che cercano il premio della sua città, felice di un mondo
senza IVA, IRPEF e IRAP e in cui ogni commercio è diventato,
proprio grazie alla guerra, buono…
Intanto è lui,
mica quei geni di Croce, Gentile e di tutto il Circolo di Vienna,
che vede il come e il
quando del BUM!
perfettamente insignificante in cui deflagrerà la Storia…
*°*
Si
tratta di un paio di paginette, giusto sul margine finale di
qualcosa che sarà sempre arduo definire “romanzo”, che,
malgrado l’usura da fama, non possono non suonare sempre
improvvise e schizofreniche.
Basta
leggere: Zeno comincia blaterando della sua salute, identificata col
suo denaro, finendo però con un salto - tutt’altro che
dialetticamente modulato! - nell’equazione senza ritorno tra
Salute e Morte: destino sfatato che il morboso Uomo procurerà a
se stesso e al resto della Terra...
Chissà
se è da questi sguardi che lo avrebbe guarito la medicina
parolaia del dottor S.
Come
nel lancinante Monaco nero
di Cechov, guarire avrebbe
voluto dire non più sognare, non più vedere,non più sapere? -
(Ma del resto a che serve un sapere così?)
Pare
che sia ormai la vera gran colpa sia non trasformare ogni disastro
in un’occasione. – Forse dovremo diventare tutti
inverecondamente ottimisti perfino di fronte alla vecchiaia
più greve, come predica il dottor James
Hillman nella Forza di
carattere? - Ecco. Con la psicoanalisi, sempre
restando a Svevo, ci si offrirebbe un prozac un po’ più
intellettuale di quello farmacologico: invece che il puro istante
d’una pillola ciecamente inghiottita, il piacere di una
cura lentissima – placebo o panacea? - per Sisifi più
incorreggibili del Malato
di Molière…
Zeno
non crede al suo complesso d’Edipo. Alla diagnosi del dottor S.,
risponde con un
aforisma degno di Karl Kraus: “la
miglior prova che io non ho mai avuta quella malattia risulta dal
fatto che non ne sono mai guarito”.
Schreber,
paranoico doc che affascinò Jung, Freud, Lacan, e soprattutto il Canetti
di Masse e potere, non
nega la sua follia: semplicemente afferma che essa ha un senso e
che, rivelatosi a lui il senso del cosmo, ha il chiaro e guaritivo
“sentore della necessità” (Memorie
di un malato di nervi)…
Chi
starà meglio? Tra Hegel e Schopenhauer, si potrà sospettare
l’ininfluenza delle metafisiche riguardo al tono medio del
proprio umore? Che dipenderà allora da cosa?