“Lei,
come molti dottori, non ha saputo resistere
del
tutto alla tentazione di usare un paziente affidato
alle
Sue cure come oggetto di esperimenti scientifici…”
(D.
P. SCHREBER, Memorie di un malato di nervi)
“…sto
peggio di prima.”
(I.
SVEVO, La coscienza di Zeno)
Psicoterapie:
come in tutti i giochi
a due (e amorosi in fondo lo sono tutti) le combinazioni sono
poche.
Così,
da subito, all’alba dell’impressionante Novecento, troviamo le
varianti fondamentali: intanto, un paranoico (il Presidente della
Corte di Dresda Daniel Paul Schreber)
che dedica vanamente le Memorie
(1902) dei suoi anni allucinati a uno psichiatra (il dottor
Flechsig) che però ha scelto da tempo di non essere più il suo
medico.
Così,
abbandonato, non rimase che scrivergli…
Vent’anni
dopo, ecco, più consueto, il contrario: con Zeno
la storia di un dottore abbandonato e deluso dal paziente che
(quasi un Dante infoiatissimo
per la donna Pètra!) si fa “vendetta”
del paziente pinocchiescamente in fuga.
Questo
però non scrivendone la storia, come avrebbe fatto il dottor Freud
dal nome che comincia anche per S., ma pubblicandone direttamente
gli scartafacci intimissimi!…
I
posteri amano essere presuntuosi.
E
dunque, solo perché parliamo di tempi pionieristici, febbrili ed
approssimativi (proprio il dottor
Freud, malgrado allievi
geniali, non si sottopose mai ad analisi!) non aggiungeremo
l’imbarazzante caso del dottor S., piantato a metà del suo
libidico contro-transfert, a quelli raccontati da Luciano
Mecacci ne Il caso Marylin
M. e altri disastri della psicoanalisi (Laterza,
2000).
Se
ti interessa , continua al prossimo
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