Quando
Čecov
scrisse, nel 1897, il racconto Muziki,
immaginava che non poteva piacere a
Tolstoj. E infatti. Questo perché i punti di disaccordo tra Čecov
e Tolstoj erano in fondo solo due: la medicina e i
contadini. All’opposto dell’evangelico padrone di Jasnaja
Poljana, il dottor Čecov, medico di campagna che del
resto li curava gratis, vedeva i contadini ignoranti, violenti,
inguaribilmente primordiali: cosa sarebbe potuto venire di buono
da loro?
Vent’anni
dopo, la situazione il medico di campagna Bulgakov la penserà allo
stesso modo: “Nei confronti del popolo Bulgakov ignora quella sorta di
idolatria tipica di tanti intellettuali russi suoi contemporanei,
generata dal senso di colpa nei confronti di coloro che solo mezzo
secolo prima erano “servi della gleba”. La sua visione ricorda
piuttosto quella cechoviana – il lucido sguardo dell’uomo di scienza
cui non sfugge l’incivile rozzezza dei contadini, la, loro aggressiva
diffidenza nei confronti dei “colti” e che al tempo stesso ha una
ferma coscienza del proprio dovere: curarli, istruirli, portare tra loro
la luce della civiltà.
(Marietta
Čukadoka, “Introduzione” a M. BULGAKOV,
Romanzi e racconti).
Da
ciò la convinzione che una rivoluzione avrebbe ripetuto il disastro di Pugaciov
che leggi ne La
figlia del capitano
di Puškin.
E infatti:
Un’ipotesi
attendibile attribuisce a Bulgakov l’articolo L’inquisizione
sovietica (Dal taccuino di un reporter), comparso alla metà di
settembre in alcuni numeri del giornale “Kievskoe echo” (L’eco di
Kiev), a firma “Mich. B.”. Con la spietata lucidità del medico e un
odio incondizionato verso coloro che torturano e uccidono uomini
disarmati, l’autore racconta degli sventurati cui viene ordinato “di
denudarsi e di stendersi sul gelido pavimento di pietra: pozze di sangue
umano, schizzi di materia cerebrale, fegati calpestati dagli stivali,
fiele… E contro le persone nude, sdraiate sul ventre, il volto nella
terra, sparavano a bruciapelo con pallottole esplosive che distruggevano
completamente la scatola cranica rendendo irriconoscibili i cadaveri.
(Ib.)