"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2004

 


Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura

 

10.  Delirio & Realtà

 

 


 

Céline

 

“...se dunque la letteratura ha una giustificazione, 

è quella di raccontare i nostri deliri. Il delirio, non 

c’è altro! E attualmente il nostro grande maestro, 

il maestro di tutti noi, è Freud.” 

(F. CÉLINE, Céline e l’attualità letteraria)

 

Nel 1937, dunque quattro anni dopo del Viaggio, Céline ottiene il il suo secondo grande successo editoriale con Bagatelle per un massacro. In nome della difesa degli ariani e per il massacro degli ebrei, Céline vorrebbe un’alleanza della Francia coi nazisti. Lo dice, lo ridice, lo scrive, lo riscrive. - Nel 1945 è un reietto, che si riguarda come superstite a un delirio - un delirio che lui chiama politico - in cui s’è perso da dissennato. 

 

Torna allora a Freud in una lettera al critico - americano ed ebreo - che per primo lo cercò per ammirazione e non per odio: Freud ha sicuramente delirato parecchio - ma il nostro attuale delirio sembra unicamente  consistere in fanatismi politici - è ancor più ridicolo - Io lo so bene. Ci sono stato preso dentro” (F. CÉLINE, Lettere dall’esilio. Lettere a Milton Hindus, 1947-49).

 

Ora che non è più “preso dentro”, stordito e stravolto, la realtà appare come qualcosa di micidialmente chimerico da cui restare alla larga. - E’ l’altro lato, sempre presente in Céline, della vita e della scrittura come liberazione da un mondo inabitabile: la danza, lo stile, la poesia, la forma perfetta, la comicità, il gioco, lo sberleffo. In questa diversa costellazione, la parola delirio da sè si capovolge per un senso di puro affrancamento:

 

La relazione tra la realtà e i miei scritti? E’ semplice mio Dio, la vita reale obiettiva mi risulta impossibile, insopportabile - mi fa diventar pazzo, idrofobo, talmente mi sembra atroce, così la traspongo, mentre sogno e vado avanti... Suppongo che si tratti all’incirca della diffusa malattia del mondo chiamata poesia... Con me pare accanirsi più ferocemente che con gli altri - Intanto sono terribilmente sensibile a certe bellezze fisiche... ballerine... ecc... mi coltivo una specie di paradiso artificiale in terra... 

(F. CÉLINE, Lettere dall’esilio. Lettere a Milton Hindus, 1947-49)

 

Céline è immenso e insostenibile. 

Su come muoversi attraverso quest’Atlantide squassata per sempre da spasmi, può valer bene quanto segue:

 

“vederlo come un colosso, senza giustificarlo, senza perdonargli niente; è essenziale, con lui, il rigore. Perché la parola scoperchia in lui la sua tremenda ambiguità, la potenza di verità per mezzo di ineguagliabili invenzioni e insieme la sua disposizione sfrontata, per istinto di puttana nata, di ladra implacabile di ogni maschera, a sborrare nella degradazione, a saltare miserabilmente dove la melma è più nera, più di Arimane” 

(G. CERONETTI, Semmelweis, Céline, la morte, postf. A F. CÉLINE, Il dottor Semmelweis).

 


 torna a  

 

           torna su