“Bisogna
considerare nelle Operette,
l’urto incessante e l’amalgama bizzarro di due estremi: la
giovinezza e la scienza del loro autore. Il paradosso, il capriccio
lunare sono i loro figli legittimi, non la saggezza... Montesquieu,
vecchio e cieco, diceva: se siamo destinati ad annoiarci, impariamo a
farlo bene, e pensava ancora a un calcolo dei piaceri procurabili in
qualunque condizione. Anche Borges, nella sua cecità senile, è
troppo saggio per patire la noia. E ancora Montesqueiu pensava che i
giovani non possono mai essere felici. L’eccesso di giovinezza e
d’insoddisfazione, di scienza e di patimento di Giacomo si scarica
nelle Operette,
dove piglia forma di mito sublime e di raggelato canto funebre. Forse
le Operette
sono più giovanili,
nello spirito, in certe compiacenze estremistiche, dei Canti.”
(G. Ceronetti, La
vita apparente)