"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 8 luglio 2004
Elogio degli uccelli di Giacomo Leopardi |
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12. Prima edizione
“...il frutto della mia vita finora passata...” (Lett. a A. F. Stella, 12 Marzo 1826)
Il lato ilare e teppista delle Operette, del tutto conseguente alla filosofia dell’autore, costò a Leopardi non solo i commenti salaci delle élites, come si direbbe oggi, sia di destra che di sinistra, e il mancare di ogni riconoscimento accademico (la Crusca che gli preferì la Storia d’Itala del Botta!), ma la stessa possibilità di una pubblicazione integrale dell’opera. Ricapitolando: nell’Italia in cui i preti, “e qui ed in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto” (Lettera a De Sinner, 22 12 1836), Leopardi azzarda un libro in cui l’umanità si estingue, il Gallo sarcastico sveglia ognuno alla vana pena del vivere, gli uccelli sono ben più vicini alla beatitudine di noi; e il narcotizzarsi può essere il migliore dei modi per trascorrere il tempo, dato che ci è stato impedito di non nascere o, almeno, di nascere idioti. 1824: la prima trance di Operette viene stesa “con rapidità e sorprendente accelerazione costante per tutto l’anno” (L. CELLERINO Operette Morali, Letteratura Einaudi, Opere, vol. III). Così, dal 19 gennaio al 13 dicembre, addirittura già venti sono pronte! La verità è che Leopardi era pronto da tempo: “Le Operette morali sono l’approdo delle prime 4006 delle 4526 pagine dello Zibaldone (prendendo come spartiacque l’inizio del 1824) e quindi si può dire di tutto lo Zibaldone - Leopardi e chiamò nel ’26 «il frutto della mia vita finora passata» (Lett. a A.F. Stella del 12 3 1826)...” (Ibid.). Il libro esce appena nel 1827, per l’editore Stella di Milano. Nel frattempo l’autore ha drasticamente rincarato la dose con testi, le Operette scritte tra il 1825 e il 1827, che sapeva bene sarebbero state giudicate impubblicabili: il Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco (la materia non è creata ex nihilo ma eterna, e dal suo farsi e disfarsi nascono individui tutti provvisori, casuali e mortalissimi); il Dialogo di Plotino e di Porfirio (discussione affettuosa sulla possibilità del tutto logica di suicidarsi), e il Copernico, dalle scoperte del quale “risulterà che gli uomini, se pur sapranno o vorranno discorrere sanamente, si troveranno essere tutt’altra roba di quello che sono stati fin qui, o che si hanno immaginato di essere”.
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