Un
colibrì della Nuova Zelanda
Lei
è così nei brevi
racconti : storie dove
l’ arte sottile s’intestardisce
sui sottintesi, le cose sottaciute o delle quali viene fatto
lampeggiare un bagliore, subito rabbuiato dalla complessità dei
sentimenti della vita. Quando la Woolf
prestidigitava ancora col racconto vittoriano e Hemingway
aveva scritto solo Su nel Michigan,
lei dava vita a questi brevi scritti laconici fustigando un
po’ lustrini e
ciarpami dell’Europa benpensante. “K.
Mansfield alla zampata vittoriana sfuggì, venuta da un mondo più
libero… questo suo reale essere ‘outsider’ e autodidatta
le sgombrò non poco il campo…”
(Introduzione di A. Guiducci a
Felicità ed altri racconti).
Proprio
con gli uccelli Katherine ondeggiò il fazzoletto col quale
salutare questo mondo. “Perché,
- si chiedeva in questo periodo a Montana, -perché non c’è
nulla di illimitato?”
ed abbozzò Il nido delle colombe (The
Doves’ Nest) un racconto più lungo che rimase
incompiuto. Era il
gennaio del ’22 quando si fece bruciacchiare di nuovo dalle
radiazioni e poi “vivendo
la vita di un cadavere”
scappò di nuovo in Svizzera, questa volta a Sierre dove decise di
far a meno del “suo
uomo senza carattere”:
la separazione compie mai miracoli?
“Nel
supremo, forse dei suoi racconti,
Il nido delle colombe,
raccontò le
giornate di due ricche inglesi sulla Costa Azzurra, che lei aveva
visitato con la soffice automobile della cugina. Qualcuno potrebbe
dire che la loro era una vita inutile. Ma perché l’esistenza
apparente e inutile – avrebbe risposto la Mansfield – dovrebbe
essere meno preziosa di quella utile e profonda?... Mrs. Fawcett,
vedova da qualche tempo, sua figlia Milly e la dama di compagnia,
hanno il coraggio di invitare a pranzo un uomo – “un
leone vivo, un leone vero che odorava appena di Eau de Cologne e
aveva la punta del fazzoletto che gli sbucava candida dal taschino
come un fiocco di neve.”
… I cappelli della signora, la timidezza della figlia, la
cattolica Miss Anderson, la cuoca, il gorgonzola,
il gong e l’eccitazione che l’arrivo di un uomo provoca
nel nido delle
colombe.”
(Pietro Citati,
Vita Breve di
Katherine Mansfield).
Rimase
un racconto incompiuto che se ne volò via esangue,
sbiancato, con
lei, seppur Katherine
provò e riprovò a finirlo, forse perché serbava in seno il
profumo del romanzo, del suo primo romanzo.
L’altro
racconto, proprio l’ultimo gorgheggio che scrisse é The
canary, altro uccello che troviamo nel nido della
Mansfield, sempre selvaggetta, non suffragetta,
scorticata più che mai e cechoviana. Avrebbe potuto essere
un colibrì, dal velocissimo battito d’ali che fa rima coi
battiti del cuore, magari
in un giardino di ciliegi. E’
un canarino invece l’ultimo protagonista dei suoi lampeggi. Tre
pagine modulate tra ‘hop
hop’ e ‘Sweet!Sweet!’
dove non ci viene
svelato neppure il nome della donna
che ci fa vacillare con folate denudanti di libeccio
esistenziale. Conta il
momento, l’attimo che racchiude in sé la memoria, il presente,
la solitudine, la
pietà e un sogno tremendo.