“Dai
romantici noi abbiamo ereditato l’idea del poeta che getta il guanto
in faccia al suo tiranno. Orbene, ammesso che ci sia mai stata
un’epoca in cui sfide del genere erano possibili, oggi un atto
simile è semplicemente assurdo: i tiranni non sono più disponibili
p’er un tête-à-tête di questo tipo. La distanza tra noi e
i nostri padroni può essere ridotta soltanto dai padroni, e ciò
avviene assai raramente. Un poeta si mette nei guai non tanto per le
sue idee politiche quanto per la sua superiorità linguistica e,
implicitamente, psicologica. Il canto è una forma di disobbedienza
linguistica e le sue note gettano un’ombra di dubbio su ben altro
che un concreto sistema politico: mettono in discussione tutto
l’ordine esistenziale. E il numero degli avversari cresce in
proporzione.” (Fuga
da Bisanzio).
Alfieriana
ovviamente perché, per noi
italiani, Alfieri è stato quello che di più ha sentito come il cuore
etico e tragico della letteratura sia la lotta senza fine del Poeta col
Tiranno. - Brodskij, che forse non lo lesse mai, ritrova il medesimo in Mandel'stam,
nel suo “dilemma
archetipo”
tra poeta e impero (Fuga da Bisanzio).
Anche
in Brodskij la lotta tra Poeta e Potere è un centro perenne; e anche in
lui la visione è alfierianamente manichea, e cioè giusta. - Stiamo per
finire un riassunto romantico: scrivere per Brodskij è disobbedire, e
quella scrittura interiore che chiamiamo lettura lo è altrettanto.
Scrivere e leggere bene sono disobbedienza al massimo grado: tra le più
nobili date alla specie, poichè fanno sfuggire chi vi si avventura
dallo stereotipo kitsch della frase fatta, dal lato entropico e politico
del linguaggio. Al contrario, buona scrittura e buona lettura sono
complici fraterne del lato quantistico dell'uomo, sollecitandolo agli
incanti imprevedibili, alla solitudine intrepida. All'opposto dello
Stato, infatti, “la
poesia mette un punto di domanda sull'individuo stesso”:
“E’
questo il motivo per cui l’arte in generale, la letteratura in
special modo e la poesia in particolare non sono propriamente
apprezzate dai paladini del bene comune, dai padroni delle masse,
dagli araldi della necessità storica. Giacché là dove l’arte è
passata, dove una poesia è stata letta, costoro scoprono, in luogo
dell’atteso consenso e dell’unanimità prevista, solo indifferenza
e polifonia; in luogo della volontà di agire, disattenzione e
insofferenza.” (Profilo di Clio).