La
rivoluzione di Ottobre non ha potuto fare a meno di esercitare
un'influenza
sul mio lavoro, poiché mi ha tolto la "biografia"
(Osip
Mandl'stam)
Ma
io arrivo a ogni secolo!
(Marina
Cvetaeva)
Cos'è
il Tempo? Come la noia, la
fisica ci dice che “è ciò che accade quando non accade altro” (R.
Feynman): ma allora se qualcosa
invece accade davvero, non sarà “Tempo”!
Facciamo
un
inchino a Hegel e deduciamo, esagerazione forse saggia,
un'antropologia da una fisica: il cavallo bianco di Napoleone è ciò
che accade quando non accade altro.
Fosse
così, sarebbe da prender per vero tutto il contrario di quanto ci
spaccia il telegiornale: l'aggettivo storico
sarebbe appena la
versione enfatica di mortale.
Brodskij
direbbe che ciò che accade quando accade qualcosa,
è la bellezza; il resto, il residuo, è lo storico.
La
bellezza, “fait
accompli per
definizione”(Fondamenta
degli incurabili),
è
una sorpresa per sempre che col
Tempo non c'entra più nulla. Certo, il Tempo assedierà la bellezza
come il barbaro Samarcanda, ma tutto quanto potrà fare sarà solo
distruggerla, non migliorarla: perché la bellezza continua ad
accadere proprio perché è finita,
perché col Tempo, come tempo della nascita e del compimento, ha
chiuso. Dove c'è la bellezza “non
può esserci nessun meglio”
(O. Mandel'stam, Sulla poesia).
Il
bello è che la cosa vale nel macro delle ere come nel micro di ogni
biografia. Chi leggesse di Brodskij solo i suoi libri, non saprebbe niente
della sua leggera ostinata eroicità biografica: niente dei processi,
delle condanne, delle perdite (vedi l'autore).
E infattti: poiché la vera “biografia
di uno scrittore sta nella sua ginnastica col linguaggio”
(Fuga da Bisanzio), “uno
scrittore che accenna ai propri trascorsi penali – o in genere alle
proprie traversie – è paragonabile a un individuo normale che si fa
bello alludendo ad amicizie importanti” (Intervista
a Iosif Brodskij).
Mirabile
understatement...
Al di là del quale, si accenna a un problema non da poco, e che per
esempio troverebbe sulla sua posizione - due tra mille - sia uno scrittore abnorme
e ctonio come Tolstoj che il cartesiano e chic Paul Valéry. - E
cioè: come il canovaccio per il grande comico, la Storia non è che
un pretesto. Non occorre mettersi al centro di un massacro
machiavelliano per riconoscervi giusto la favola blesa scritta da un idiota:
ciancia che richiede interpreti decisamente migliori del suo Autore per rilasciare un filo
di senso e di bellezza. Di per sé, insomma, la Storia più che una
Musa è un muso:
“La
sofferenza acceca, assorda, devasta e spesso uccide. Osip
Mandel’stam era un grande poeta prima della Rivoluzione. E
così Anna Achmatova, così Marina Cvetaeva. Sarebbero diventati
quello che diventarono anche se non ci fosse stato nessuno degli
avvenimenti storici abbatutisi sulla Russia in questo secolo: perché
erano dotati.
In sostanza, il talento non ha bisogno della storia.”
(Fuga
da Bisanzio)
*°*
(Si
aggiunga, ma è un altro giro nel medesimo, quella poesia di Auden -
Archeologia,
in Grazie, nebbia -
dove si trova una delle tante cose sue che Brodskij sottoscriverebbe
tutta: che “Quella che chiamiamo Storia” è storia del Male
- come in Manzoni! - mentre, come Lucia Mondella e appunto la
Bellezza, “la bontà è senza tempo”).