"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 7 maggio 2004

 

"Fondamenta degli Incurabili" di Iosif Brodsky


 

 


13.  L’occhio di Iosiph

    

                                                                                                     “L'occhio nuota davvero: guazza, guizza, 

                                                                                                       oscilla, si tuffa, si arrotola"

                                                                                                      (Fondamenta degli Incurabili)  

 

Vedere è cento volte più di ascoltare (Confucio): in fondo, nell’ascolto non si fa che inventare, il che non impedisce di indovinare.

L’animale – il “cordato” scrive Brodskij – da milioni di anni guarda il mondo. La sua capricciosa variante umana (in aggiunta o detrimento di questo?)  da poco più di ieri parla. – Più antico ed esatto di uno squalo, l’occhio nuota tra veli di luci e penombre, scrutando in un lampo di gibigiana il pericolo o il rifugio.

Già tra di noi, solo guardare è più che guardare e ascoltare: l’inganno di sempre è intanto il cortocircuito di due percezioni esatte su un piano sinestetico e quindi confuso, addirittura menzognero (O. Sacks,Un antropologo su Marte).

Restare fedele all’occhio solo, non tradirlo mai con un pensiero è il segreto morale di Fondamenta: “L’occhio precede la penna, e non permetto alla mia penna di mentire. Avendo rischiato l’accusa di depravazione, non batterò ciglio a quella di superficialità. Le superfici – cioè la prima cosa che l’occhio registra – sono spesso più eloquenti del loro contenuto, che è provvisorio per definizione…” (Fondamenta).

Vedere è cento volte più di ascoltare, e il Logos zoppica già sulle sue premesse davanti all’eloquenza d’una muta visione evidente (Aristotele). La bellezza non chiama parole ma sospiri, lacrime e gridolini: intanto s’è accesa nell’occhio la “gioia atavica” (Fondamenta) dell’estasi.

Ah! Eccola “la serena calma e beatitudine, questo essere soddisfatti di se stessi restando in sé chiusi e contenti” (Hegel, Estetica)!

 

Per l’occhio nuotante ed estatico di Brodskij a Venezia (“Eros come occhio pieno”, Plotino, Enneadi), valgono tutte le figure finora pensate: l’occhio-ampolla, da cui fluiscono raggi come tante dita osservanti (Pitagora, Euclide), dita-occhio che corrono a sfiorare tutte le cose, fermandosi nella carezza della contemplazione quando incontrano una cosa bella – o continuando avanti fino al bordo dello spazio se lo trovano vuoto o indifferente.

E pure l’occhio-finestra (Democrito, Lucrezio), dentro il quale accorrono da fuori, come le molecole degli odori sulle mucose del naso, le particule che compongono – così dipingono i divisionisti - la visione: la loro nube, precisa come uno sciame di api, impressiona nel fondo buio della retina la figura secondo una meccanica che sarà imitata dalla Kodak – il che spiega il ricordo e la nostalgia: la persistenza della figura quando la cosa non c’è più, o quando l’occhio è chiuso:

 

“Perché con la partenza l’occhio viene esiliato nelle province degli altri sensi: nel migliore dei casi, nelle crepe e nei crepacci del cervello. Perché l’occhio non s’identifica con l’oggetto della propria attenzione. E per l’occhio la partenza è un processo speciale, legato a ragioni puramente ottiche: non è il corpo a lasciare la città, è la città ad abbandonare la pupilla”

(Fondamenta).

 


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