Si
può paragonare l’immaginazione al sogno di Adamo: si svegliò e
scoprì che era la realtà.
(John
Keats, dalla corrispondenza)
Landolfi
a Venezia per conto del Mondo:
pellegrino gualcito nell’indolenza murcida e pigriziosa,
interamente votato alla dulia più malevola: la devozione a
Murcia. Landolfi per una volta adriatico: scaraventato nelle
paludi di marmo, tra i muggiti sommessi di acque rivoltose e in
catene, là dove le lune, flaccide e compite, muoiono
indegnamente, lucidando le proprie stesse lapidi, e “non la
dolce favella del luogo ci molce le orecchie, ma ce le lacerano
irte lingue del Nord”.
Landolfi a Venezia: nicchia succhiata della sua indole mollusca e
ferocemente enfiata dell’arruffio di corpi agitati: "zampe
pelose e nocchierute”,
“braccia e poppe a mortadella; ovvero, avendo riguardo al
contenente anziché al contenuto, brache di pelle mal sostenute
dagli straccali, vesti di cotonina ampiamente scollate, e così
via”
(Landolfi, Se non la realtà,
1960).
Un
Landolfi, perciò, assai riottoso, vellicato dalla degnazione sua
irrefrenabile contro le umane genti –fiato d’avello- troppo
volgarmente asservite al turismo culturale: “Tutto l'armento poi
(che poi insomma quello degli sgraziati forestieri, cui è ridotto
a far riverenze il superbo popolo veneziano), tutto l'armento,
vociando, gridando, strascicando i grossi piedi, e le più grosse
scarpe nel sole che spacca a mezzo il selciato, impugnando le
guide, fermandosi davanti a ogni bottega di chincaglierie e
commentando gli oggettuzzi esposti, trae naturalmente verso San
Marco...”.
Epperò, anche molto divertito, titillato nell’anima sua di
miniaturista russo, al punto da sdilinquire in curiosità mordaci
e impudenti face
à certe
schegge di vita rapita al Tempo menzognero: “…non hanno più
meta le nostre pigre passeggiate, se non la realtà”?
Dunque
un dandy; che ovviamente s'annoia e impigrisce a girar per musei e
sagrestie -sentine di muffe e committenze spilorce-, nondimeno naturlich
muove alla compiacenza
più delicata se poi Fortuna gli indori una qualche visione
brulicante vita, delle sensibilità pietosamente offese… Ecco
che allora, in Piazza san Marco, non un pensiero si leverà al
crisobollo di Alessio e ai significati reconditi delle quadrighe
bizantine, tra la calca schiumante emergono solo due casi umani:
osservarli, e ritrarli subito!
Un
tale: “personaggio imponente e feroce anzichenò”, brandisce
chissà perché una mazza dal pomo brunito; veste à
la manière dei cicisbei
in pensione e s'erge sulla soglia della basilica di san Marco -
cerbero fervoroso- saettando anatemi all'indirizzo di turiste
spudorate, orfane del più esile scialle a velar le carni
slabbrate (e perciò pudende). L'altro: “un omino un po' losco
da un occhio”, dimenticato nei recessi bui dell’atrio; pare
s'ingegni nell'affittanza di manicotti plastificati -con evidente,
scarsissimo guadagno; sorta di cencini impermeabili e trasparenti,
cui casomai ricorrere onde scantonare l’equivoco peritoso degli
“atti osceni in luogo pubblico”…
Pure, così timido nel porger la mercanzia, destinato
all’irreparabile fallimento... Landolfi caricaturista
metafisico, restio alle lusinghe lascivette delle architetture,
certo che Per chi contempli le stelle, la luna è un pugno negli
occhi. (da Il Tradimento). Purtuttavia, così avvilito e
invelenito da rimpiangere quei “futuri anteriori non ancora
visitati da sogno alcuno, meridioni più ardenti di quanto abbiano
mai immaginato gli artisti, laggiù, dove gli dei danzano e si
vergognano delle vesti” (F. Nietzsche).