"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 7, aprile 2004                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

"Fondamenta degli Incurabili" di Iosif Brodsky

 


 

 

18. Marquise Casati

 

 


 

...la marquise Casati ne plaisait pas. Elle étonnait.

(Jean Cocteau)

 

Villa a Cinisello Balsamo, casino di caccia a Gallarate, un castello a Cusago, poteva mai Coré la megalomane secondare una vita tanto ordinaria? Tanto più se condotta al fianco di quel tristo Camillo Casati, così asservito alle consolazioni di mammà e del ratafià... Del resto, con degli arcani come i suoi: un padre magnate della finanza milanese  e cotonifici a reddito, come non divenire l'anamorfosi astrale delle eroine più dannunziane? Già da bambina, vezzata alla malevola più preraffaellita; signorinella, indigestioni di Simonette Vespucci, Ginevre Sforza e Caterine Riario... Lucia Amman sarebbe mai finita a far sogni dolicocefali e biondi come una qualunque sartina o mondina d'Italia... Molto meglio vagare all'alba in caorlina damascata a lutto greco,  in bianco, a superbo sberleffo d'ogni possibile circolare comunal-circoscrizionale (leges contra l'extravaganza)... e magari sbrecciare la noia delle notti lagunari raccogliendo alghe a Cannaregio - soltanto quelle dai colori più pivialeschi! - con al palo l'immobile compagnia d'un remiero disposto a soddisfare qualsivoglia ghiribizzo marchesano, finanche abbigliarsi alla maniera settecentista, con tanto di papalina leopardata in capo.

 

A Venezia la Casati giunse nel millenovecentodieci, e da quel momento fu tutta una "parade" di feste mascherate et flamboyantes, serragli di fiere in giardino, pranzi gotici con aristocratici alla deriva e automi di cera, scrigni delle ceneri di amori tra-passati; ricevimenti a Palazzo dei Leoni con ai capi della tavola due marchese Casati, immobili, l'una doppelgaenger di paraffina, l'altra ancora più sconcertante, così astratta nella trappa della propria artificiosità: l'autentica Coré. (D'Annunzio beffato ne trasse le selve per Figure de Cire)

…e molte orchestrine gracchianti sincopi dell'era pre-jazz, pizzi, piume, boa costrictor, ombrelli di pavone, pavoni meccanici, il pappagallo Ba-cadabrà color dell'Ineffabile, e tanti ospiti sconosciuti, cupidissimi di polvere bianca, che è cara e rara, ma tanto riposano in cantina riserve di  “acetilene di mitilene...    

 

Un moro enorme, forse un dogon alla Riefensthal -Garbi- nudo come la verità, le torce in mano a rischiarare la padronale sua luce: Luisa: gli occhi bistrati, ciprie bianchissime, cadaveriche e alabastrine, serpentesche volute di gemme Lalique avvolte al collo caduceo, spesso vestita di solo profumo, al limite giusto ingualdrappata in una stola tinta da Mariano Fortuny… Disporre di piazza san Marco quale privatissima salle à danser, ingaggiare a tal scopo legioni di schiavi nubiani in seta scarlatta, ché s'allineino benino benino a cordone sanitario, e muoia invidiosa la pazza folla... Passeggiare nottetempo per le calli, fasciata di sola ferinità, sorta di Venus im Pelz senza opinabili Sacher-Masoch al guinzaglio; molto più safari, se con due giaguari, o un levriere, gli imbarazzanti turchesi del casato a mo' di collare...  

 

Incoronata icona del tempo, ritratta e scolpita da tutti: Boldini, Van Dongen, Alberto Martini, Balla; finanche inchiodata nelle bare di collodio di Man Ray, doppiamente veggente; avvolta nella decrepitudine vizzita da Cecil Beaton, perfetta per le mises di Bakst, Erté e Poiret, la Casati scelse Venezia a Quinta dello Scandalo perché sola terra definitivamente naufragata nelle secche dello Sprofondo, unico orizzonte italico dove il Tramonto è un Sun Ton, sole che cade, s'accascia nella morte quieta, stoica, e trova lì, nella penombra, nelle ombre, la propria redenzione:  “la liberazione dal proprio regno che col suo potere imprigiona esso stesso.” (Maria Zambrano).

 

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