“Quando
il processo storico giunge alla crisi e gli eserciti con le
loro cospicue dispute organizzano il vuoto che ne è seguito e
che essi non potranno mai consacrare, quando la necessità si
accompagna all’orrore e la libertà alla noia, allora per i
bar è tempo di buoni affari.”
(W.H.
AUDEN, L’età dell’ansia)
“Se
mi chiedessero di scrivere prosa in russo, non ne sarei così
entusiasta. Ma in inglese è una soddisfazione enorme. Mentre
scrivo penso a Auden, a quello che direbbe – la troverebbe
robaccia, o la apprezzerebbe?”
(Intervista
a Brodskij)
Che
in tutto Fondamenta
degli incurabili
vagheggi lo spirito di
Auden, è un presentimento facile. Brodskij scriveva in
inglese per compiacerne
l’ombra, per
ritrovarsi “più vicino all’uomo che consideravo la più
grande mente del ventesimo secolo” (Fuga
da Bisanzio). – Per far apparire Auden in Fondamenta,
Brodskij sceglie il cinquantesimo dei cinquantun capitoli: ma
l’ultimo non è che un commiato che infatti comincia con la
parola “Ripeto…”.
Auden,
dunque, chiude Fondamenta.
In piazza San Marco – anche lei mai apparsa prima? -, Brodskij
si fa dantesco mettendosi terzo, attorno a un tavolino del
Florian, seduto tra il “cotanto senno” di Spender e Auden, che
sarà presto triste perché il suo amore li lascia per inseguire
un marinaio: qui, quanta nostalgia, per un autore che sorprese
sempre per l’assenza – un esule! - di nostalgia…
Ma
tutto questo forse è il meno.
Auden
si respira per quello che di comune ha con la scrittura di Fondamenta,
come parte della sua aria stessa: una controcanto di ironici
violini mozartiani lungo tutto il testo.
Si
potrà dire qualcosa come “concettismo ironico”? - Auden:
“Ho il sospetto che senza qualche sottofondo comico / oggi non
sia possibile scrivere genuini versi seri” (Shorts);
- Brodskij: “Iniziai
a interessarmi a Auden quando qualcuno mi disse che le mie poesie
ricordavano l’umorismo
di Auden” (Intervista
a Brodskij). E così inizia a scoprire il suo gusto
di “tradurre verità metafisiche nel linguaggio pedestre del
senso comune, ma anche a scoprire quelle in questo” (Fuga
da Bisanzio).
Così
in Fondamenta
leggi un gioco di similitudini e metafore perfettamente
“pedestramente” elisabettiane (Auden e Brodskij come due
nipoti di John Donne?), quasi identico poi in una delle Strofe
veneziane):