"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 7, maggio 2004                                          


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

"Fondamenta degli Incurabili" di Iosif Brodsky

 


 

10. John Ruskin

 

 

 

John Ruskin e la morte di Venezia

di Gabriella  Alu

 

Venezia, 6 maggio 1841.

Grazie a Dio sono qui! È il paradiso delle città, e una luna sufficiente a fare impazzire metà dei savî della terra batte con i suoi puri sprazzi di luce sull'acqua grigia davanti alla finestra; e io sono più felice di quanto sia mai stato in questi cinque anni --- felice davvero --- felice come in tutta probabilità non sarò mai più in vita mia. Mi sento fresco e giovane quando il mio piede posa su queste calli, e i contorni di San Marco mi entusiasmano (....) Grazie a Dio sono qui!
(John Ruskin, "Diario Italiano 1840 - 1841", trad. dall'inglese di Hilia Brinis, Mursia, 1992).

 

Quando scrive queste righe, Ruskin ha ventun anni, è in Italia con i genitori per curarsi: gli è stata diagnosticata la tubercolosi. Anche per Ruskin, così come per tanti altri artisti, una malattia sta all'origine di un viaggio che marchierà una intera esistenza.

L'amore travolgente per Venezia legherà Ruskin per tutta la vita alla città lagunare elevata, in seguito, a simbolo delle sue teorie non solo estetiche ma anche politico-religiose.

L'incipit di uno dei suoi libri più importanti e famosi suona come elegiaca dichiarazione d'amore di un uomo che per tutta la vita si trovò più a suo agio tra le pietre che tra gli esseri umani:

 

Venezia, simile a Tiro per perfezione di bellezza, ma inferiore per durata di dominio, giace ancora dinanzi ai nostri sguardi come era nel periodo finale della sua decadenza: un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all'infuori della sua bellezza, che qualche volta ammiriamo il suo languido riflesso nella laguna, rimaniamo incerti quale sia la Città e quale l'ombra. Io vorrei sforzarmi di tracciare le linee di questa immagine, prima che scompaia per sempre e di raccogliere, per quanto posso, il monito che si sprigiona da ogni onda che risuona come un rintocco funebre, quando si frange contro le pietre di Venezia. 

(John Ruskin, "Le pietre di Venezia", a cura di John D. Rosemberg, Biblioteca Universale Rizzoli, 1990)

 

Se "malattia” e morte” sono immagini che vengono con grande frequenza evocate da artisti, scrittori, musicisti, poeti a proposito di Venezia, il Ruskin della piena maturità artistica ed intellettuale ("Stones of Venice" fu pubblicato nel 1852), il grande cantore dell'arte gotica, dirà chiaro e tondo che Venezia è già morta, perchè uccisa” dalla nefasta arte del Rinascimento”, e proprio perchè Venezia divenne uno dei focolari del Rinascimento (...) ; l'originalità dei palazzi di Venezia e di Vicenza (...) dettero all'architettura del Rinascimento il predominio agli occhi di tutta l'Europa e la città morente, meravigliosa nella sua dissipazione, piena di grazia nella sua follia, ottenne un culto più profondo nella decrepitezza che nella sua gioventù gloriosa e cadde nel sepolcro accompagnata da un corteo di ammiratori”.


 

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