"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 6, dicembre 2003

 


John Donne: otto poesie d'amore tradotte da Cristina Campo e Patrizia Valduga

 

8.  11 luglio 1971

 

 


Undici luglio 1971, pagina nove del quotidiano romano Il Tempo: la rubrica "Il Mondo dei Libri" ospita una delle poche recensioni mai apparse a commento dell'edizione einaudiana delle poesie di Donne; nota mai più raccolta né ripubblicata nelle tante raccolte approntate in vita e non di articoli prazzeschi.

Incastonato come commesso tra un lungo pezzo su Mastronardi e un incredibile tamburino sull'Automazione e Teoria marxista di tal Michele Salerno, il pezzo -breve, rapido, estivo ma non vacanziero- occupa il centro del paginone che si chiude a ghirlanda attorno a un ritratto di Donne, e per consegnuenza attorno a un saluto-commiato alla e dalla sua traduttrice.

 

John Donne. Poesie Amorose, Poesie teologiche, a cura di Cristina Campo (Einaudi)

 

 "Loe here a little volume, but large booke": eccovi un piccolo volume ma un gran libro: le parole che iniziano la poesia di Richard Crashaw su un libro di preghiere inviato a Mrs M.R. potrebbero applicarsi a questa scelta di poesie di John Donne curate da Cristina Campo, che nell'introduzione ha saputo tracciare il più ispirato ritratto di Donne che ci abbiano dato gli interpreti moderni, e non è dir poco, ché dalla seconda decade fino a tempi recenti, non  v'è si può dire ingegno sottile e profondo che nel mondo anglosassone, ed anche oltre i suoi confini, non abbia voluto dire la sua sul poeta, sublime e sconcertante che, rivoluzionando gli schemi tradizionali della lettaratura inglese, è sorto a un tratto dall'ombra per collocarsi poco lontano dallo stesso Shakespeare.

C'è chi come L. Murtz (The Poetry of Meditation) ha visto in lui un rampollo dell'eloquenza sacra continentale, e chi, come D.L. Gress (J.D. Petrarchist) l'ha voluto addestrato alla scuola concettistica di Serafino Aquilano, né manca chi, come Hunt, ha cercato di demitizzarlo e sminuirlo. Cristina Campo s'è accostata a Donne con una squisita intuizione poetica, come quella che animava Walter Pater allorché parlava di Botticelli o di Watteau o del Fanciullo nella Casa.

Invero le battute iniziali della sua introduzione fan pensare a quest'ultimo saggio di Pater. E come del Pater si suol dire che poteva errare nel dettaglio, ma era attendibile nell'insieme (il caso della Scuola di Giorgione), così si potrà eccepire alla Campo di non aver tenuto abbastanza conto di componimenti come la Satira III, e di certa disponibilità giovanile del Donne e della sua accettazione della carriera ecclesiastica dapprima come pis aller per le sue ambizioni sbagliate di cortigiano, ma bisognerà riconoscere con lei che tutta la vita del poeta fu "un tirare sulla catena di quella terrificante eredità di memorie e di pegni (la tradizione cattolica della sua famiglia), un precipitarvi sopra non appena la catena si allenti." Ottima la versione e il commento.

Mario Praz


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