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Poiché
quella che amavo ha pagato il suo debito / alla
natura, ed al mio bene e al suo / è
morta, e
la sua anima rapita innanzi tempo / al
cielo, tutta la mia mente è
ferma / alle
cose celesti. Ammirarla
affilò la mia mente / a
cercarti, Signore.
(J.
DONNE, Holy Sonnet XVII)
Anche
quando volge il suo volto a Dio, in Donne è assente il rapimento
estatico dei mistici. Assente il soffio taumaturgico che irradia la loro
visione. L'occhio di Donne non trova riposo nella contemplazione del
mistero divino, fisso lo sguardo all'eterna notte, tessuta d'amore di
morte. Il
suo sguardo come in un quadro fiammingo è inghiottito nello
specchio:
"lo
specchio della notte, ma immobile e grande è l'occhio della notte in
fondo al quale riposa l'amore, occhio che in sé accoglie tutti gli
occhi, gli occhi dell'uomo nell'amore e nella morte; e nell'amore e
nella morte l'occhio dell'uomo si spegne, si spegne perché guarda
nell'eternità" (H.
Broch, La morte di Virgilio).
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