"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 6, dicembre 2003

 


John Donne: otto poesie d'amore tradotte da Cristina Campo e Patrizia Valduga

4.  L'occhio che affila

 

 

Poiché quella che amavo ha pagato il suo debito / alla natura, ed al mio bene e al suo / è morta, e la sua anima rapita innanzi tempo / al cielo, tutta la mia mente è ferma / alle cose celesti. Ammirarla affilò la mia mente / a cercarti, Signore. 

(J. DONNE, Holy Sonnet XVII)

Anche quando volge il suo volto a Dio, in Donne è assente il rapimento estatico dei mistici. Assente il soffio taumaturgico che irradia la loro visione. L'occhio di Donne non trova riposo nella contemplazione del mistero divino, fisso lo sguardo all'eterna notte, tessuta d'amore di morte. Il suo sguardo come in un quadro fiammingo è inghiottito nello specchio: 

"lo specchio della notte, ma immobile e grande è l'occhio della notte in fondo al quale riposa l'amore, occhio che in sé accoglie tutti gli occhi, gli occhi dell'uomo nell'amore e nella morte; e nell'amore e nella morte l'occhio dell'uomo si spegne, si spegne perché guarda nell'eternità" (H. Broch, La morte di Virgilio).


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