Partecipiamo
al concorso per definire l’età elisabettiana in meno di cinquanta
parole con le prossime tre righe:
Fu
un OGM: un medioevo, intriso di pensiero allegorico e barbarico, che
cede metà del suo DNA per far spazio in un lampo all’intellettualissimo
manierismo che seguì al Rinascimento degli Italiani, popolo scettico
e scafatissimo (Machiavelli!), estetizzante e carnacialesco (certi
papi!).
Nella
commistione, come in Jurassic Park, e in realtà come al
solito, si perde per strada un anello: “il centro” dell’Umanesimo
e del Rinascimento classicista e paganeggiante, e questo per l’arrivo
tempestoso della Riforma… insomma, si leggerebbe un Guarini, un Della
Casa, un Tasso e via dicendo prima, o senza, Ariosto, Bracciolini,
Valla, o Poliziano!...
*°*
In
questa situazione, nasce la lingua
inglese: “vigorosa e instabile, concreta e inquieta, dissonante e
contorta” (G. Melchiori, Introduzione
a J. DONNE, Poesie e Anatomia del Mondo, Mondadori):
“La
nuova lingua, ansiosa di mostrare le sue possibilità di strumento
espressivo letterario, adottò subito le caratteristiche più ardite e
preziose di tale stile: allitterazioni, assonanze, frasi bilanciate,
contrasti retorici, ingegnose invenzioni verbali, nomi esotici e
nozioni curiose. Tale è appunto il tessuto verbale e stilistico
dell’opera che diede il nome a questa materia letteraria, l’Euphues
del Lyly, romanzo pubblicato quando colui che doveva dare il suo nome
allo stile corrispondente nella letteratura italiana, il Marino, aveva
soltanto nove anni. L’ “efuismo” dunque precede cronologicamente
il “marinismo”, ma in verità si tratta soltanto di nomi mutuati
più tardi da quelle che sembrarono le personalità o le opere più
caratteristica di una determinata maniera” (Ibid.).