Con
la Lezione sull'ombra siamo
assai lontani dalle metafisiche degli Gnomoni, di tra de
Rachelwitz, Tanizaki
e il Borges mistico di "Esta
penumbra es lenta y no duele;/ fluye por un manso declive y se parece a
la eternidad."
Donne qui gioca al teatrino giavanese, ombre che crescono come
finzioni (fictiones?),
ma per lui il Concetto, l'”espressione elettrica”, servirà alla
causa amorosa soltanto "per l'effetto specioso di certe analogie e
concordanze" (Praz), e sempre
in termini tolemaicamente ribaltati:
Amore
o cresce, o è piena e ferma luce:
il
primo attimo d'ombra è la sua notte.
Sensibilità
antipoda la giapponese. Col suo culto trimillenario per la penombra;
essa ci apprende l'uso del veridico rivelare nascondendo:dietro una
frale cortina, non visti, osservare il rifulgere massive e
impercettibile del Tutto, l’Adombrato, il finalmente Autentico: "E'
bello, là, accovacciarsi nel lucore che filtra dallo shoji, e vedere
immaginando…” così, inappellabile, l’eterno Tanizaki.
E
invece in Donne, a dispetto di Rumi,
l'Amato è Tutto in Tutto; l'amante semplicemente lo adombra. E insiste:
Ma
non ha raggiunto un amore
l'altissimo
grado, se ancora
ha
cura di non esser veduto.
Sarà
allora quella luce "piena", "ferma", a preannunciare
il perdurare radente dell'abbandono: profezia empirica, secondante la
cadenza mille volte appurata da Lao-Tzu:
solo colui che si libera per sempre dal desiderio può vedere le Essenze
Segrete; colui che non si è mai liberato dal desiderio può vederne
solo le Conseguenze. Donne, qui e
altrove, come ogni perduto amante, solo sa guardare il ghigno
compiaciuto di sé nel sorriso dell'Altro. Presto e irreversibile sarà
il disfacimento.
*°*
Su
questo, vedi anche Lezione sull'ombra