"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

13. Delle dissonanze


Per una qualche pulsione oscura, per un’impellenza misteriosa e inderogabile, e insomma per un qualcosa che si potrà anche chiamare angoscia, e che di certo sarebbe un’angoscia più mortale se non trovasse modo di liberarsi da se stessa esprimendosi, l'autore è uno che alchimizza  forme.

“Credo che non ci sia altro gioco.” 

Ma proprio perché l’autore è il centro dell’angoscia, non può aspirare ad altro che a non esistere, e a disgravarsi di se stesso. L’angoscia prova a svanirsi liberando diademi di note o parole. L’angoscia si slancia oltre se stessa, oltre il buco greve del proprio buio ammalato e si fa canto, frase, sonetto, madrigale, dramma elisabettiano; l’angoscia sfonda lo specchio che non fa che rimandarle se stessa e azzarda una fuga-metamorfosi in purezze e coerenze fino a prima impensate e ignote. Così l’angoscia si affranca - per un attimo? per un'ora? per un secolo? - dall'informità pulsante e opprimente di psiche e memoria da cui è sfuggita, facendosi forma e tutt’al più "emblema" di quella ferita abbandonata a sé come - similitudine antica – lo sbrego secco del bozzolo dalla farfalla già dimentica e festosamente in volo.

“Quindi… quindi… deve restare insomma… deve restare questa specie di ferita che viene trasformata in un… in un contrassegno nobiliare.” 

L’esempio perfetto è uno dei quartetti più importanti dei sei che Mozart dedicò a Haydn,  il Quartetto “Delle Dissonanze”, opera “così senza… esangue, senza… senza ferite, che è forse uno dei risultati più straordinari che si possono conseguire.”  

 “Noi ci troviamo di fronte – e io mi sono trovato di fronte – ad una macchinazione musicale che non mi era più possibile adoperare semplicemente come un emblema di una condizione psicologica.”

Non vi accade “più nulla di angoscioso e io mi trovo solo di fronte ad una angoscia della struttura, ad un’angoscia della forma che non è più assolutamente dotata di capacità di pedagogia dolorosa. Non mi può più trasmettere sofferenza. Mi trasmette quella… quella misteriosa fascinazione, quella misteriosa… ilarità (…) uno dei temi fondamentali di tutta l’opera di Mozart…” 

(Tutte le citazioni da: P. TERNI, Giorgio Manganelli, ascoltatore maniacale, Sellerio)

 


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