"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

14. Inconscio e retorica


“Sapeva benissimo che, dal sottosuolo, provengono i maggiori pericoli per chi scrive. Era troppo intelligente per perdere il proprio controllo. Così, in parte senza volerlo, compì una doppia trasposizione. In primo luogo trasportò le figure dell’inconscio nella parte intellettuale della mente; così che tutti i brividi, le folgorazioni, le fosforescenze, i trasalimenti, le voci, i sussurri, le metamorfosi dell’inconscio vennero rinchiusi nella sua mente bene organizzata (…). In secondo luogo, come Poe, egli trattò l’inconscio con gli strumenti della retorica tardoantica, rinascimentale e barocca (…) Se questa letteratura conosceva un rischio, era insieme quello dell’informe e dell’eccesso trionfale di forma: rischio nato dallo strano abbraccio tra inconscio e retorica.”

(P. CITATI, Giorgio malinconico tapiro, “La Repubblica”, 18 luglio 1990).

Un percorso simile è descritto come necessario dallo psicanalista junghiano James Hillman in Sogno e mondo infero, Il Saggiatore 1996. Giorgio Manganelli si sottopose a lungo all’analisi da parte del più grande psicoanalista junghiano vissuto in Italia, Ernst Bernhard. Sulla figura di Bernhard (di cui Adelphi ha pubblicato la Mitobiografia, che Manganelli presentò, vedi, di Aldo Carotenuto, Jung e la cultura italiana, Astrolabio, 1977.

Soprattutto, riguardo all’interesse costante di Manganelli per la psicoanalisi, leggi il bellissimo Il vescovo e il ciarlatano, Quiritta 2002, a cura e con postfazione di Emanuele Trevi, che raccoglie tutti i suoi scritti sull’argomento.


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