Da capo: all’inizio c’è la
piaga.
La piaga, questa puttana, crea
tutto (anche i ripudi di sé in quanto piaga) a sua immagine e
somiglianza, costellando il mondo di allegorie. Si ripete per
variazioni, ostinando. E’ querula. Ama le parole e non sa
tacere; se lo fa, il suo silenzio è il contrario del vero silenzio,
trattandosi di grevi e ricattatorie figure d’eloquenza: metafore
ipocritamente mute di voci vive.
Si può così ipotizzare che la
piaga, parlando, e cioè mentendo, si confessi sconfessandosi; eppure,
allo stesso tempo, la laconica piaga non fa che squagliarsela nel gorgo
ingannevolmente strombettante di se stessa. E’ un culo che allo stesso
tempo libera geyser e risucchia gorghi.
Se si preferisce qualcosa di più
aulico: è il Buco Nero di un Big Bang.
Tra le sue menzogne, la
letteratura è quella che sa di essere tale: per questo la letteratura
è sempre comica, prostituta e cinica. Forse dunque è anche la più
onesta, ma solo come il cretese che ci dice che a Creta sono tutti
bugiardi…
Soprattutto quando vuol far
piangere su di sé lacrime sincere, libera “il mirabile pus della
falsità” (Intervista a Dickens). Allora secerne se stessa e si
elude. Si elude e si delude infinitamente. E cioè: sa di non essere
nulla, e ama travestirsi soprattutto da se stessa (Intervista a
Fregoli).
Dice il califfo di Bagdad: “la
cicatrice amata genera perle” (Intervista a Harun al-Rashid).