Gli intervistati impossibili di
Manganelli sono, numero mitico, dodici: a censire queste dodici
invadenze nell’io dirupato del Nostro, se ne ricavano i segni a loro
modo eloquenti.
E’ certo, intanto, che
l’Oriente sia stato attratto dal nostro medium ben più
dell’Occidente. Una così smaccata consonanza troverà del resto
conferma irrefutabile nei successivi libri di viaggio: La Cina e
altri Orienti, Esperimento con l’India, L’infinita
trama di Allah.
A questo si potrebbe aggiungere
qualche recensione entusiastica di libri sconvenienti: primo fra tutti, Il
Corano, nonché diverse
interviste e gli innumerevoli lacerti arabeggianti disseminati un po’
qua un po’ là in tutti i suoi libri.
Va da sé che l’inclinazione
per Alì Babà e la Città
Proibita è resa più pepata dal fatto che di questi tempi pieni di nomi
arabi voluti terrorizzanti, stia tornando una colpa.
La deprecabile tendenza di
orientarsi a Oriente, lo porta, tra gli italiani, a scegliersi ben due
veneziani, Marco Polo e Casanova, entrambi per di più
sfacciatamente transfughi – e ancora per lo più verso Est! – dalla
madrepatria.
Soprattutto, tra tutti gli
spiriti extracomunitarî che infestano le valli d’Averno, il Manga
predilige non i fasti di qualche re francese o presidente Usa, ma
l’esotismo regale di Tutankhamon e di Harun al-Rashid. -
Una controprova: tra i re, se deve proprio restare in casa,
s’accontenta dell’incerto e dismesso re Desiderio, l’ultimo
dei longobardi: per noi, malgrado un paio di secoli di permanenza della
sua schiatta, nonché l’attenzione sempre pietosa di Alessandro
Manzoni e l’entusiasmo terronicamente scomposto di Umberto Bossi, uno
straniero, un mai acclimatato.