Andando dai suoi morti, è certo
che Manganelli si sottopone a “un viaggio singolare, insieme ipotetico
e arduo” (Tutankhamon)…
Il primo errore è partire
sapendo troppe cose, sapienza di cui i morti subito lo puniranno:
“suppongo che lei sappia molte cose inutili” (Fedro).
Poco prima di incontrarlo, una
fantastica Quartina annuncia a Nostradamus l’arrivo del
“tapiro elettrico”… Alla profezia esatta, segue quanto basta nella
descrizione del Nostro: “tu hai gli occhiali, sei ovviamente
stolto…”
Esempi di autoritratto come autodileggio, li trovi
soprattutto nell’intervista a Fregoli: “In quel registro lei
potrebbe essere annotato non già col suo nome, ma come un signore
grasso, nasuto, con una pronuncia strascicata, una faccia ridicola, una
cerimoniosità patologica… perché naturalmente lei è un villano. Lo
dimostra il modo in cui mi fa le domande.”
Autoritratti buffi e grotteschi,
di mordace masochismo, costellano i libri di Manganelli: dalla
confessione della propria grassezza negli Improvvisi per macchina da
scrivere, a quello nascosto nel ritratto di Samuel Johnson: “dal
gran corpo impacciato, incredibilmente miope, sordastro, linfatico…”
(G. MANGANELLI, Vita di Samuel Johnson, a cura di V. Papetti,
Edizioni di Storia e Letteratura, 2002).