“Che io sia re, mi pare
cosa da non dubitare.”
(Agli dèi ulteriori)
A parte i residui Savoia e
qualche altra maestà per caso, ogni onesto sovrano non può non aver
conosciuto “il trauma della regalità” (Tutankhamon).
A cosa ridursi per lasciar posto
a una sorte così spropositata? Anche se fosse, come spesso è stato,
qualcosa a cui s’è costetti già dall’infanzia, l’età delle
assuefazioni facili, fare il re resta “un gioco enorme” (ib.).
Reciteremo la parte –
accuratamente già scritta – di Re? C’è allora da augurarsi un Io
minimo, dimesso, rassegnato:
“Non v’è dubbio che io
avessi vocazione di attore, e che, essendo califfo, io fossi in realtà
anche uno che recitava una parte, e quale parte. Ma io ero avido di
copioni, di testi, di personaggi. La mia vita è stata fastosa e
contraddittoria…” (Harun al-Rashid)
Nel caso del califfo di Bagdad
assistiamo già a un disagio per la parte: questo Laurence Olivier della
politica nella politica ci sta troppo stretto… avrà bisogno di
soddisfazioni più fastose ed eleganti: costruire palazzi, farsi una
cultura, essere crudele solo in modi tragici e in fondo masochistici,
insomma altamente sofisticati… Ma questa tentazione del potere come
scenografia, come fola estetica ne fa qualcosa di fastoso ma anche di
irrimediabilmente perituro: alla lunga di impolitico.
Il terrigno greve e pratico
Carlo Magno – “un gangster monoteista” (ib.) - aveva invece
la storia in tasca: “la sua vita di guerriero era un investimento
calcolato…eppure aveva monete di rame, e non sapeva né leggere né
scrivere… Non conosceva l’oro, e se ne avesse avuto ne avrebbe fatto
moneta. Carlo Magno era la storia, il tempo, la volontà d’essere
terrestre; io che gli scrivevo lettere e gli mandavo ambascerie, ero
l’opposizione del tempo, ero la fola” (ib.).
Non basta però essere grevi e
crudeli: anche re Desiderio, un sol boccone per Carlo, re finale d’un
popolo senza “stile”, si ritrova nello stesso destino di niente:
“sparimmo del tutto; ci lasciammo dietro qualche chilogrammo di
oggetti lavorati, una misteriosa casa a Cividale… mi sembra un segno
sacro questa scomparsa totale” (Desiderio).