"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

10.  Implausibile potere


“Che io sia re, mi pare cosa da non dubitare.”

(Agli dèi ulteriori)

A parte i residui Savoia e qualche altra maestà per caso, ogni onesto sovrano non può non aver conosciuto “il trauma della regalità” (Tutankhamon). 

A cosa ridursi per lasciar posto a una sorte così spropositata? Anche se fosse, come spesso è stato, qualcosa a cui s’è costetti già dall’infanzia, l’età delle assuefazioni facili, fare il re resta “un gioco enorme” (ib.).

Reciteremo la parte – accuratamente già scritta – di Re? C’è allora da augurarsi un Io minimo, dimesso, rassegnato: 

“Non v’è dubbio che io avessi vocazione di attore, e che, essendo califfo, io fossi in realtà anche uno che recitava una parte, e quale parte. Ma io ero avido di copioni, di testi, di personaggi. La mia vita è stata fastosa e contraddittoria…” (Harun al-Rashid)

Nel caso del califfo di Bagdad assistiamo già a un disagio per la parte: questo Laurence Olivier della politica nella politica ci sta troppo stretto… avrà bisogno di soddisfazioni più fastose ed eleganti: costruire palazzi, farsi una cultura, essere crudele solo in modi tragici e in fondo masochistici, insomma altamente sofisticati… Ma questa tentazione del potere come scenografia, come fola estetica ne fa qualcosa di fastoso ma anche di irrimediabilmente perituro: alla lunga di impolitico. 

Il terrigno greve e pratico Carlo Magno – “un gangster monoteista” (ib.) - aveva invece la storia in tasca: “la sua vita di guerriero era un investimento calcolato…eppure aveva monete di rame, e non sapeva né leggere né scrivere… Non conosceva l’oro, e se ne avesse avuto ne avrebbe fatto moneta. Carlo Magno era la storia, il tempo, la volontà d’essere terrestre; io che gli scrivevo lettere e gli mandavo ambascerie, ero l’opposizione del tempo, ero la fola” (ib.).

Non basta però essere grevi e crudeli: anche re Desiderio, un sol boccone per Carlo, re finale d’un popolo senza “stile”, si ritrova nello stesso destino di niente: “sparimmo del tutto; ci lasciammo dietro qualche chilogrammo di oggetti lavorati, una misteriosa casa a Cividale… mi sembra un segno sacro questa scomparsa totale” (Desiderio).


 

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